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Capire le parole per frenare il contagio

Per fortuna non lavoro sul camion ma gestisco l’ufficio traffico di una piccola società di trasporti. E lo sto facendo da casa in smart working. Un lusso però che i miei colleghi camionisti non possono permettersi. Come azienda abbiamo messo in pratica tutte le best practice per poter operare in sicurezza, chi da casa, chi sul mezzo ma c’è tanta ansia su questo virus di cui ogni giorno attraverso i telegiornali ci vengono dette tante cose, alcune anche smentendo quelle dette il giorno prima. Insomma, trovo la situazione preoccupante e caotica. Speriamo passi in fretta. Intanto «iorestoscasa» ma anche «iostocoltrasporto».
Ernesto D_Piacenza

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Mentre scrivo siamo tutti a casa, responsabilmente e consapevolmente a casa per cercare di fronteggiare e arrestare un evento che il genere umano nella sua evoluzione e nella sua storia ha affrontato svariate volte, cioè una malattia infettiva contagiosa che ha assunto le caratteristiche di “pandemia” come dichiarato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità.

Non ho intenzione di parlare del germe responsabile, cioè del coronavirus Covid-19 che sta funestando le nostre vite e del quale ogni giorno leggiamo cifre, bollettini, caratteristiche e possibilità di protezione.

Penso invece sia utile fare un po’ di chiarezza su una serie di parole passate prepotentemente dal lessico medico o comunque scientifico al vocabolario quotidiano. Endemia, epidemia e pandemia sono i tre termini principali utilizzati in epidemiologia quando si parla di malattie infettive. Le malattie infettive sono la conseguenza del contatto tra uomo e microorganismi patogeni (virus, batteri, funghi o altri microbi parassiti come protozoi o vermi) e non sono necessariamente contagiose, nel senso che vi sono anche malattie infettive non contagiose come ad esempio il tetano. Per «contagio» si intende la trasmissione di una malattia che può avvenire per via diretta, quando l’individuo contrae il germe direttamente dalla sorgente di infezione (uomo o animale malati o portatori), ad esempio per contatto sessuale o per trasmissione aerea o tramite morso come nel caso della rabbia, oppure per via indiretta quando c’è bisogno di un veicolo o vettore intermedio, sia esso animato o inanimato (acqua, suolo, aria, zanzare, mosche, indumenti, escrementi, ecc) che diffonde il germe.

Una volta contratta l’infezione, i sintomi della eventuale malattia compaiono dopo un periodo di tempo che prende il nome di periodo di «incubazione» e che è ben definito per ogni malattia infettiva. In realtà non tutti gli infetti si ammalano perché esistono anche i portatori sani, soggetti cioè in cui l’infezione è presente, ma l’agente patogeno non è in grado di superare le difese dell’individuo che quindi non si ammala. L’animale e l’uomo dunque costituiscono sorgente di infezione non solo quando sono malati, ma anche quando sono portatori sia portatori sani, che portatori in fase di incubazione. Questi portatori dunque non sono controllabili e possono con facilità diffondere l’infezione.

Andrà tutto bene se saremo in grado, tutti, di limitare quanto più possibile le eventualità di contagio

E arriviamo al modo in cui la malattia infettiva si manifesta all’interno della popolazione ed è qui che incontriamo l’andamento sporadico, endemico, epidemico, pandemico.

Questi termini non hanno nulla a che vedere con la gravità o la letalità della malattia ma solo con la diffusione geografica. Sono malattie sporadiche quelle che si manifestano in pochi casi isolati di solito irregolari e imprevedibili e comunque non correlati fra loro come la maggior parte delle infezioni delle vie urinarie. Una malattia è invece definita endemica quando, poiché l’agente responsabile è stabilmente presente e circola all’interno di una popolazione, si manifesta in un numero di casi più o meno elevato ma distribuito uniformemente nel tempo come ad esempio il morbillo o la malaria in molte regioni tropicali.

Una malattia quindi è endemica quando è costantemente presente in un territorio. Per dar luogo a un’epidemia è necessario invece che la malattia sia più frequente del solito in una determinata area geografica con un numero di casi che aumenta rapidamente in breve tempo. Ribadisco che la definizione di epidemia prescinde dalla gravità della malattia e/o dal numero di morti, ma è data esclusivamente dalle modalità della sua diffusione. Infine si parla di pandemia quando le epidemie oltrepassano i confini e dilagano in tutto il mondo. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità perché si possa verificare una pandemia devono esserci tre condizioni: 1) la comparsa di un nuovo microorganismo patogeno che sia in grado 2) di infettare gli esseri umani e 3) di diffondere rapidamente per contagio in vasti territori più o meno contemporaneamente. È il caso del coronavirus Covid-19.

Andrà tutto bene se saremo in grado, tutti, di limitare quanto più possibile le possibilità di contagio.

Buon viaggio!

Annagiulia Gramenzi
Annagiulia Gramenzi
Ricercatore Dip. medicina clinica Univ. Bologna
Scrivete a Annagiulia Gramenzi: salute@uominietrasporti.it

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