La riforma dell’autotrasporto presentata dal ministro dei Trasporti Maurizio Lupi alle organizzazioni di categoria va avanti senza troppi stravolgimenti e, a questo punto, per superare definitivamente l’esame del Parlamento, deve superare un ultimo scoglio, vale a dire la definitiva approvazione da parte della Camera dei Deputati, che dovrebbe avvenire già in settimana. Infatti, dopo essere salita sul lungo convoglio della legge di Stabilità
ha ottenuto giusto un paio di aggiustamenti, rimanendo sostanzialmente uguale a se stessa. All’alba dello scorso sabato, 20 dicembre, ha ottenuto il via libera anche dal Senato, che ha votato in blocco la fiducia, lasciando a piedi una serie di emendamenti che le diverse associazioni di categoria, un po’ in ordine sparso, avevano cercato di far salire a bordo. Tra questi – purtroppo – anche l’indeducibilità delle fatture pagate in ritardo.
In definitiva rispetto al testo originario ci sono soltanto tre novità da segnalare, che peraltro erano già state introdotte dalla Camera dei deputati:
– la prima è di ordine formale, anche se da un punto di vista simbolica possiede per lo meno un valore evocativo. Si tratta della parte dell’art. 83 bis che, dopo aver introdotto il principio della libertà di contrattazione delle parti nel fissare la tariffa del servizio di trasporto, obbliga comunque a tener conto dei principi di adeguatezza in materia di sicurezza stradale e sociale. Un principio abbastanza aleatorio, che potrebbe però essere preso in considerazione in sede giurisprudenziale, anche se per avere una qualche efficacia avrebbe bisogno di un freno sanzionatorio, non presente invece nella normativa;
– la seconda è molto importante perché evita che, così come stabilito nella legge di stabilità dello scorso anno, siano ridotti del 15% i rimborsi sulle accise relativi agli acquisti di gasolio. A questo scopo il governo ha messo sul piatto un miliardo di euro, spalmato in quattro anni. A non poter beneficiare più dell’agevolazione sono soltanto i veicoli euro 0 o inferiori, quelli cioè maggiormente inquinanti;
– le risorse destinate all’autotrasporto che fino allo scorso anno ammontavano a 400 milioni, adesso si riducono a 250 milioni, ma diventano strutturali, nel senso che a questo punto non dovranno più essere oggetto di contrattazione tra governo e associazioni di categoria. Insomma, viene messa la parola «fine» a quel balletto a cui assistevamo da anni e di cui però facciamo volentieri a meno.
Ma soprattutto – ulteriore importante novità – bisogna sottolineare che di questi 250 milioni una parte precisa, non superiore al 20%, ha una sorta di vincolo di destinazione, nel senso che dovrà essere utilizzata per incoraggiare processi di aggregazione o di ristrutturazione aziendale. E se fosse veramente così, sarebbero di certo soldi spesi bene.