Quella di ieri, 4 dicembre, al valico del Brennero, è stata per molti una sorta di prova generale di quanto potrebbe accadere dal 9 dicembre. Alla frontiera tra Italia e Austria, infatti, è stato organizzato un presidio della Coldiretti per protestare contro le importazioni di prodotti dall’estero, spesso mascherati da «made in Italy», che finiscono per penalizzare la nostra agricoltura.
La protesta, ribattezzata «Battaglia di Natale: scegli l’Italia», ha ovviamente creato disagi e code anche ai tanti veicoli da trasporto in transito, in quanto i manifestanti hanno spesso preteso di controllare i prodotti trasportati.
Tutto lascia presupporre che il 9 dicembre potrebbe esserci una replica, seppure su scala più vasta, anche se ancora per molti versi nebusola. La protesta infatti ha assunto molte adesioni da parte di sigle di ogni ambito e territorio, accomunate dalla volontà di protestare contro lo Stato, contro il modello economico occidentale, contro le regole dell’Europa e della Banca mondiale, contro un sistema che – si legge in molti volantini – non consente più di poter soppravvivere in maniera dignitosa sulla base di un lavoro. Insomma, se anche le motivazioni sono tante e in parte un po’ generiche, è certo che in tutti coloro che aderiscono alla protesta c’è una grande insofferenza, la voglia di esprimere una rottura, un disagio crescente, montato soprattutto a causa della crisi. Ci sono Cobas del latte e i Cobas del mais come il movimento dei Forconi, c’è Forza d’Urto e Alba Dorata Italia, c’è il LIFE (Liberi Imprenditori Federalisti Europei) e Azione Rurale Veneto con altri movimenti di questa regioni con connotati autonomisti. Insomma un fiume trasversale che lambisce anche l’autotrasporto. Le sigle aderenti che portano il sostantivo «trasporto» nel nome sono molte: Trasportounito, Assiotrat, Assotrasport, Azione nel trasporto italiano, Movimento Autonomo Trasportator, Aitras, Aias ecc.
Unatras e Anita, come anticipato nei giorni scorsi, hanno revocato il fermo, sottoscrivendo un protocollo con il governo, giudicato invece da molte delle associazioni in protesta del tutto “inutile per risolvere i problemi del settore”.
Contro Trasportounito e le altre associazioni aderenti al fermo si è scagliato anche Pasquale Russo, segretario di Conftrasporto, definendo quella del 9 dicembre una manifestazione cui parteciperanno numerosi altri movimenti di protesta che «nulla hanno a che vedere con il mondo dell’autotrasporto».
Trasportounito ha risposto che loro in realtà hanno una precisa piattaforma di richieste che comprende i tempi di pagamento obbligatori a 30 giorni, la remunerazione reale dei tempi di attesa al carico/scarico, la revisione migliorativa dei costi minimi di sicurezza, lo stop all’intermediazione pura, l’eliminazione Sistri, il recupero delle accise con erogazione mensile, maggiori controlli ai committenti e stop al cabotaggio stradale, oltre che soluzioni dedicate per Sicilia e Sardegna.
Anche se, dietro queste motivazioni, ce n’è un’altra particolarmente scottante: il rinnovo dell’Albo e i criteri per la composizione del Comitato Centrale, in scadenza il prossimo 31 dicembre. Il segretario di Trasportounito, Maurizio Longo, punta l’indice in particolare sull’inserimento, tra i requisiti, «dell’appartenenza al Cnel (Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro) nel quale, guarda caso, ci sono solo le confederazioni a cui sono abbinate TUTTE le associazioni dell’autotrasporto, ad esclusione di Trasportounito, la quale è l’unica ad essere realmente autonoma e quindi è l’unica che resterà fuori dal Comitato Centrale (con buona pace dei notabili rappresentanti stipendiati dalle confederazioni)».
In ogni caso si tratta soltanto di un inciso perché Longo ha già anticipato che il suo pensiero al riguardo lo esprimerà soltanto nei prossimi giorni. Insomma, tutto lascia presupporre che di questo argomento se ne parlerà ancora a lungo.