Il primo mattone è stato posato. La class action organizzata contro il ministero dell’Ambiente da Uomini e Trasporti – in collaborazione con lo Studio legale Zunarelli – per vedere rimborsati i contributi versati al Sistri (il mai decollato sistema di tracciabilità dei rifiuti) da parte delle aziende di autotrasporto, ha avuto un primo riscontro positivo da parte dei giudici.
Il giudice di pace di Roma, infatti, ha emesso una sentenza (n. 28424/18) che dà ragione a un’azienda di trasporti che aveva pagato i contributi per due anni al ministero dell’Ambiente nei confronti di un sistema che non era mai stato realmente attivato.
Ricordiamo brevemente che il Sistri è un sistema telematico di controllo in tempo reale della tracciabilità dei rifiuti. Un sistema che – si legge nella sentenza – doveva consentire per i suoi ideatori a «semplificare le procedure e gli adempimenti legati alla gestione in forma cartacea e a combattere il traffico illecito e lo smaltimento di rifiuti». Tuttavia, come precisa lo stesso giudice, «per quasi 4 anni non è stato operativo nemmeno un giorno, scontando tutta una serie di gravissime deficienze tecniche e funzionali che non ne hanno consentito l’avvio neppure in forma sperimentale». Secondo la sentenza, «il sistema non era capace di sopportare le decine di migliaia di collegamenti giornalieri e si impallava di continuo, con ritardi insopportabilmente lunghi nella finalizzazione delle operazioni». Un vero e proprio flop, insomma.
Ma, a fronte di questa situazione deficitaria, «le imprese della filiera dei rifiuti hanno per due anni versato contributi, in alcuni casi anche molto elevati», montando sui veicoli le scatole nere e abbonandosi al traffico dati delle chiavette token usb. Ciononostante, nel periodo 2010-2011, il ministero dell’Ambiente ha preteso il versamento dei contributi e l’adeguamento al nuovo sistema di tracciamento elettronico, senza però che il sistemastesso fosse operativo. Prova ne sia che poi è stato costretto a prevedere «ben nove rinvii».
Ma l’elemento che ha fatto decidere a favore dell’azienda romana è stato il decreto legge 101/2013, con cui il ministero ha fatto retromarcia, uniformandosi alla disciplina comunitaria ed escludendo dall’obbligo del tracciamento elettronico i rifiuti non pericolosi. Con ciò si è sancito – afferma la sentenza – «la definitiva inutilità delle spese sostenute… da parte delle aziende che trasportano rifiuti non pericolosi». Infine, il giudice di pace accenna alla moratoria, poi prorogata, sull’entrata in funzione del Sistri e alle «ombre sinistre sulla gestione del sistema che paventano la commissione di gravi reati».
In conclusione: l’azienda romana ha versato contributi per un biennio in cui il sistema Sistri non ha funzionato. E quindi il Ministero dovrà risarcire la somma di circa 3.000 euro (contributo più installazione della black box), oltre agli interessi e al pagamento delle spese legali.
Una prima sentenza a favore che costituisce un precedente di peso nella complessa situazione della vicenda Sistri e che potrebbe orientare favorevolmente le altre cause della class action promosse da Uomini e Trasporti rimaste in attesa di giudizio. È quanto ci auguriamo!