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«50 euro per fermarsi davanti al sito di scarico»: il racket del pomodoro di nuovo condannato in appello

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Dodici, dieci e otto. Sono gli anni di reclusione confermati dalla sentenza della corte di Appello di Bari a carico di quattro imputati per estorsione nel processo chiamato a giudicare sul cosiddetto «racket del pomodoro». Per la precisione la pena maggiore è stata inflitta a Roberto Sinesi, soprannominato «lo zio» e considerato tra le menti della cosca Sinesi-Francavilla, in quanto ritenuto il mandante delle estorsioni, la pena di mezzo va a colpire sia Cosimo Gardiello, titolare di un’impresa di autotrasporto, sia Luigi Speranza, mentre quella minore è riservata a Raffaele La Tegola. Già archiviata come definitiva, invece, la condanna a quattro anni di Luciano Cupo, che ha confessato il reato scegliendo il rito abbreviato. 

Il teatro del presunto malaffare sarebbe la provincia di Foggia e in particolare lo stabilimento Princes della cittadina pugliese. Perché, secondo la ricostruzione dell’accusa, a tutti gli autisti che, dovendo scaricare i pomodori, intendevano fermare il proprio camion davanti al sito, gli veniva richiesto il pagamento di una tangente di 50 euro. Un tale comportamento, secondo la tesi su cui si basa la sentenza della Corte d’Appello, concretizzerebbe il reato di estorsione. Di contrario avviso, invece, gli avvocati degli imputati che hanno sostenuto come la richiesta della cifra fosse giustificata da un servizio di guardania, vale a dire di custodia e di sorveglianza, che può essere considerata abusiva, ma non di rilievo penale. Tesi questa che cercheranno di sostenere anche in Cassazione, avendo già preannunciato di ricorrere alla suprema corte.

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