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Cascetta (RAM): «La cura del ferro funziona, ma ha bisogno di acqua»

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Il ferro senza l’acqua affonda. O meglio, «la cura del ferro passa attraverso la cura dell’acqua, nel senso che il rilancio del cargo ferroviario deve partire dai porti». Ha aperto così Ennio Cascetta, da pochi mesi presidente di Ram (Reti Autostrade Mediterranee, società in house del ministero), il forum di Pietrarsa “un anno dopo” – organizzato da Confetra – chiamato a fare il punto sul trasporto ferroviario delle merci. Il Def 2017 mette in campo 108 opere fino al 2030 con una spesa di 123 miliardi di cui 92 già finanziate. «Un piano Marshall della mobilità e dei trasporti mai visto in Italia – ha commentato Cascetta – la cura del ferro deve recuperare il gap del 50 per cento di squilibrio modale rispetto alla media UE».

Dal 2014 al 2016 il traffico ferroviario delle merci in Italia è cresciuto dell’8,9 per cento a fronte e una crescita dell’8.6 del traffico autostradale e del 2 per cento del PIL. I privati sulla ferrovia sono passati dal 37,7 al 43,1 per cento di quota di mercato, i traffici dal Sud sono cresciuti del 12.6 per cento. Questi numeri, secondo Cascetta disegnano buoni risultati, ma rimane ancora da lavorare sulla razionalizzazione degli interporti, sull’ultimo miglio, sugli incentivi smart, sulla maggiore informazione e scambio dati e sulla soluzione relativa a quella anomalia tutta italiana per cui non si può ancora usare il macchinista unico sui treni merci.

Guido Gazzola, presidente di Assoferr, ha insistito molto sulla necessità di lavorare su azioni che facilitino la generazione del traffico ferroviario delle merci, in primis azioni che semplifichino il traffico diffuso su rotaia. Inoltre, ha indicato il caso della Germania dove per ordinanza nazionale le merci pericolose vengono trasportate su ferro. «Anche la proposta di legge Oliaro – ha detto Gazzola – proponeva di fare altrettanto in Italia, ma c’è bisogno di un grande accordo politico». 

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