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Artusi (Federauto Trucks): «L’obiettivo è la sostenibilità, non l’affermazione dell’elettrificazione»

Un conto è ripulire l’ambiente dalle emissioni, un altro è pensare che si possa ottenere tale obiettivo soltanto tramite i veicoli elettrici. È un distinguo netto quella che stabilisce Massimo Artusi, vice presidente di Federauto, con delega a Trucks&Van, argomentandolo in un documento in cui si cerca con neutralità tecnologica di fare un punto della situazione. E dove si sottolinea che allo stadio attuale a tagliare la CO2 ci possaano aiutare i bio-fuels, ma dove con realismo si constata pure che almeno la parte dei trasporti affidata a veicoli impegnati in missioni specifiche, dovrà comunque avvenire con motori a combustione interna

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Bisogna elettrificare la mobilità o bisogna renderla sostenibile? Massimo Artusi, vicepresidente di Federauto con delega Trucks, non ha dubbi: «Sono la sostenibilità ambientale e il bene della collettività gli obiettivi da raggiungere, non l’affermazione di una tecnologia». E proprio per argomentare questa affermazione, ma anche per fornire un elemento di chiarezza all’interno del dibattito sulle prospettive dei veicoli commerciali elettrici (BEV), visti da molti come una panacea per la transizione ecologica del trasporto merci e della logistica, Federauto Trucks ha elaborato un documento di proposte per il settore, soffermandosi in particolari su alcune misure pragmatiche e coerenti, come quelle necessarie al rinnovo del parco, alla diffusione dell’energia rinnovabile e alla crescita competitiva del comparto. 

Ma procediamo con ordine, vale a dire dalle quattro premesse con cui si apre il documento. La prima è che l’autotrasporto impatta tra il 3% e il 4% sulle emissioni complessive di CO2 generate dal Paese e che a tali emissioni corrispondono una pluralità di missioni, tanto che si parla di settore «difficile da abbattere»; la seconda è che, se si vogliono raggiungere le emissioni zero di CO2, l’energia elettrica impiegata per l’autotrazione deve essere prodotta alla fonte a emissioni zero. Perché se così non accade, non si pulisce l’aria, ma si sposta semplicemente il problema altrove.

La terza è che l’impatto ambientale di ogni modalità di autotrazione va calcolato lungo l’intero ciclo di vita del prodotto tramite il ricorso al LCA (Life Cycle Assessment). Perché conseguenze negative per l’ambiente possono derivare anche dalla realizzazione del prodotto e di equipaggiamenti e/o accessori, dal loro smaltimento. Quindi, va calcolato lo smaltimento delle batterie e più ancora l’estrazione dei materiali che servono a realizzarle. 

La quarta (e ultima) è di natura sanitaria, in quanto serve a ricordare che è bene concentrarsi sui climalteranti (sulle emissioni di CO2), ma danni all’ambiente e alle persone possono derivare anche da emissioni inquinanti, come il particolato, gli ossidi di azoto, il biossido di zolfo, il benzene, gli idrocarburi policiclici aromatici. 

Se si parte da tali premesse, secondo Federauto Trucks si arriva alla conclusione che, almeno allo stato attuale, la tecnologia full electric «può dare un contributo per la sostenibilità ambientale della logistica, specie per le missioni di breve raggio, ma significativo solamente in termini di riduzione della concentrazione di ossidi e polveri sottili nelle tratte e aree di maggior traffico». Quindi aiuta a decarbonizzare il comparto, ma solo in parte e anzi rispetto ad alcuni aspetti, finisce «per nascondere il problema anziché eliminarlo».

La criticità principale si gioca sul lungo raggio che richiede autonomie di esercizio, tempi di rifornimento e volumi di carico che non compatibili con le alimentazioni full electric, almeno rispetto all’attuale stato di sviluppo delle batterie e alla difficoltà di approvvigionamento di elettricità. 

E poi ci sono i problemi dei costi – sia di acquisto del veicolo sia di energia elettrica – che secondo Federauto Trucks non sono sopportabili in quanto non si riescono a compensare «né con una riduzione significativa dei costi di esercizio, né con una disponibilità della committenza a pagare sufficientemente di più le missioni di trasporto (salvo alcune sporadiche sperimentazioni), né tanto meno mediante gli incentivi in vigore per la transizione ecologica dell’autotrasporto (che sono comunque a carico della collettività)».

Gli stessi incentivi, invece, secondo la federazione dei concessionari, si rivelano necessari a eliminare dalla circolazione, incentivandone la sostituzione, tutto quel parco obsoleto e antecedente all’Euro V (pari a oltre il 60% del circolante), estremamente inquinante oltre che poco sicuro. In più, una strada da battere nel trasporto merci, secondo Federauto Trucks, è quella dei bio-fuels (in particolare bioLNG e HVO), che presentano tre vantaggi: aiutano da subito a contenere le emissioni di CO2; sono prodotti secondo la logica dell’economia circolare; si possono distribuire con le attuali reti, senza doverne creare di ulteriori.

Detto altrimenti, sarebbe realistico, considerare che una parte dei trasporti, quella affidata a veicoli impegnati in missioni molto specifiche, dovrà comunque avvenire con motori a combustione interna o, magari, con una tecnologia ancora non identificata.

Ecco perché secondo Artusi, «la correttezza informativa su un tema così delicato come quello della sostenibilità dei trasporti, quindi della nostra economia, è fondamentale e necessaria nel nostro Paese, dove si è appena aperta una nuova prospettiva di Governo che avrà il compito di fare le scelte migliori ma anche di sostenere le posizioni che prenderà in ambito europeo».

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