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Il governo obbliga di esporre il prezzo medio del gasolio accanto a quello praticato: ma cosa c’è dietro agli aumenti?

Dal 2023 è scomparso lo sconto sulle accise, è aumentato il costo di miscelazione dei biocarburanti con quelli fossili, è aumentato lo spread che le compagnie applicano ai rivenditori, si è contratta la capacità della raffinazione di soddisfare la domanda e dal 5 febbraio scatta l'embargo al gasolio russo. Ecco i contenuti del decreto legge con cui il governo vorrebbe far fronte a tutto questo

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La notizia del giorno è che il Consiglio dei ministri ha approvato un decreto legge che impone a chi gestisce stazioni di servizio di esporre, oltre al prezzo praticato, anche quello medio nazionale. La notizia di questo inizio 2023 è che il prezzo dei carburanti aumenta, forse più di quanto non inducesse a pensare la fine dello sconto che, dallo scorso marzo, il governo praticava sulle accise. Ma cerchiamo di comprendere meglio entrambe le notizie.

I contenuti del nuovo decreto per frenare le speculazioni

Il decreto legge finalizzato a calmierare il prezzo dei carburanti di fatto è una sorta di ammissione che in fondo lo Stato non può far molto rispetto a chi specula. Perché la speculazione – intesa nel comprare un bene a un prezzo e di rivenderlo a un prezzo il più possibile maggiorato – è insita a ogni forma di commercio. Ciò che frena, semmai, è riuscire ad applicare rigorosamente le regole della concorrenza e quindi impedire a chi vende di aggirarle stringendo degli accordi (o cartelli, come si dice tecnicamente). E per eccitare la concorrenza il Consiglio dei ministri ha pensato possa essere utile inserire, accanto al cartello che indica il prezzo praticato alla propria pompa, anche quello medio nazionale. In questo modo si mira a incrementare la trasparenza, ma anche a responsabilizzare in qualche modo i gestori degli impianti. Giacché, oltre all’esposizione del doppio prezzo, avranno anche l’obbligo di dover comunicare ogni giorno al ministero delle Imprese e del Made in Italy il prezzo che praticheranno, di modo che sarà poi lo stesso ministero a elaborare la media e a comunicarla ai benzinai. E se qualcuno non osserva tale obbligo rischia grosso, visto che le sanzioni per tale violazione prevedono la sospensione dell’attività da sette a novanta giorni. In più si rafforzano i collegamenti tra Garante dei prezzi e Antitrust per frenare eventuali eccessi speculativi, viene istituita una commissione di allerta rapida per la sorveglianza dei prezzi e l’analisi delle cause in grado di alterare il mercato e per individuare interventi urgenti. Infine, da gennaio a marzo 2023 i buoni benzina fino a 200 euro ceduti dai datori di lavoro privati ai dipendenti non saranno considerati ai fini del calcolo Irpef e quindi non saranno valutati come reddito.

La fine dello sconto sulle accise

Fin qui la cura. Ma vediamo come e perché si è generata la malattia. Diciamo innanzi tutto che sembra una sorta di male di stagione, vale a dire legata a un’infezione preannunciata, vale a dire la cancellazione dopo il 31 dicembre 2022 dello sconto sulle accise di 18,3 centesimi che in misura anche maggiore andava avanti da marzo. Che a quel punto i prezzi di gasolio e benzina potessero crescere era ampiamente prevedibile, ma forse non si pensava così tanto, anche perché in qualche caso – vale a dire in qualche pompa di distribuzione soprattutto autostradale – il prezzo finale è andato anche più in alto dei soli 20 centesimi di sconto pagati dalla Stato. Ma allora, cos’è successo? Quali fattori hanno alimentata l’impennata dei prezzi in un momento in cui – peraltro – quello del petrolio era in discesa?

Petrolio e carburanti, due rette non necessariamente parallele

In genere siamo portati a pensare che il prezzo dei carburanti con cui riempiamo il serbatoio del veicolo dipenda essenzialmente dal prezzo della materia prima, vale a dire il petrolio. Questo è vero soltanto in parte e in questo preciso frangente forse anche meno. Almeno in Italia (ma non solo) per comprendere come petrolio e carburanti non viaggino su due rette parallele è sufficiente tenere sotto controllo l’andamento del primo e quello dei secondi e verificare che, in questa fase, il primo tende a diminuire (una settimana fa il Brent viaggiava sopra gli 86 dollari al barile, oggi staziona sugli 80, ma è sceso anche sotto), mentre il prezzo alla pompa dei secondi continua a viaggiare lungo un’ascesa senza fine. Nella sezione del sito del ministero dell’Ambiente in cui vengono pubblicatii prezzi medi dei carburanti sulla rete di distribuzione italiana figura che il gasolio da autotrazione costa in media 1,868 euro a litro (di questi 617,40 se ne vanno in accise e 336,88 per l’Iva) con un aumento rispetto a una settimana fa (quando cioè il prezzo si attestava sui 1,708 euro/litro) del 9,39%. C’è stato qualche ritocco in basso, ma limitato alla giornata del 10 dicembre.

Quanto costava lo sconto interrotto

La prima causa di incremento, come detto, è la rimozione dello sconto sulle accise. E allora, non poteva andare avanti nel praticarlo? Questa è ovviamente una scelta politica. Per aiutare a rispondere si può forse ricordare che per togliere dal pieno quei 20 centesimi al litro lo Stato spendeva ogni mese la bellezza di un miliardo di euro e, nell’intero 2022, 9 miliardi. Certo, a coprire questo sconto di una delle due voci di imposta provvedeva l’altra. Perché aumentando il prezzo della materia prima lo Stato otteneva un extra-gettito dall’Iva. Ma oggi quell’entrata straordinaria viene incamerata al pari di tante altre e quindi il governo ha deciso di cambiare strada. Ha adottato il decreto legge ricordato, ma non ha fatto menzione all’ipotesi di contenere la tassazione, fatta eccezione per quella applicata ai gestori di impianti di distribuzione in autostrada.

L’aumento del taglio dei biocarburanti

Ma andiamo a scorrere altre voci che potrebbero aver spinto in alto i prezzi. Un  altro fattore da tenere in considerazione è che da inizio anno è passato da 5,5 a 6 centesimi al litro il costo da sostenere per tagliare i carburanti di origine fossile con biocarburanti. In genere infatti nel gasolio comune, prodotto cioè tramite processi di raffinazione del petrolio, viene miscelato un 5% di prodotto bio, di origine non fossile. 

Il fattore chiamato Platts

Un’altra voce poi che ha visto un rialzo con l’inizio del 2023 riguarda lo spread che le compagnie petrolifere applicano ai rivenditori rispetto al valore del Platts, vale a dire il prezzo ottimale del carburante a livello internazionale. Questo nome è mutuato da una nota agenzia, la Standard & Poor’s Global Platts, che fa parte dello stesso gruppo a cui appartiene la più nota agenzia di rating. È quindi questa agenzia a stabilire il valore a cui le raffinerie possono vendere una tonnellata di carburante ed è a questo valore che la domanda e l’offerta di prodotti petroliferi, composta dalle compagnie petrolifere ai principali operatori di gas ed energia elettrica, fa riferimento. Ma è un valore calcolato sulla base delle transazioni reali concluse in un determinato giorno in una specifica area, prescindendo quindi dalle quotazioni del greggio. Per dirla altrimenti, in questo valore è inglobato in qualche modo la quota di speculazione generata dal mercato, naturalmente orientato – come già detto – a riuscire a guadagnare il più possibile dalla compravendita dei prodotti. 

In più sul Platts, oltre alle quotazioni dei carburanti provenienti dal mercato e dalle borse, pesano le imposte fisse che vengono poi maggiorate di una percentuale in millesimi di euro, che costituisce appunto il guadagno delle Compagnie. L’aumento registrato nel 2023, quindi, è proprio relativo a questa percentuale. Per capire di quanto abbiamo consultato la Staffetta quotidiana che parla di un aumento tra i 10 e i 45 euro per mille litri, quindi l’incidenza sul prezzo finale balla tra l’1 e 4,5 centesimi al litro.
Peraltro, questi valori trovano applicazione non soltanto sui prezzi alla pompa, ma anche sul mercato extra-rete. E quindi se li troveranno in fattura come aumento pure le aziende di autotrasporto che acquistano il gasolio per rifornire il proprio distributore privato. 

Arriva l’elettrico? La raffinazione diminuisce (e i prezzi salgono)

Un altro fattore di mercato in grado di incidere sul prezzo finale dei carburanti è anche il costo di raffinazione. Che negli ultimi tempi ha vissuto un’impennata giustificata dal fatto che gli investimenti in tale settore sono andati comprimendosi, vista la prospettiva di giungere a un futuro privo di combustili di origine fossile e visti pure i crescenti standard ambientali imposti per svolgere una tale attività. Ma se questo è il domani sperato, il presente conosce una riduzione sistematica della capacità di raffinazione globale. Stando a una quantificazione riportata da Salvatore Carollo, un’ex dirigente Eni, alla Stampa, al momento attuale ogni giorno esiste una domanda di raffinazione di 98 milioni di barili, ma di questi viene soddisfatta soltanto l’82%. Di conseguenza ci sono circa 18 milioni di prodotto che viene richiesto, ma non si trova. E non serve essere esperti di economia per comprendere che quando una domanda diventa superiore all’offerta, i prezzi tendono a salire. 

Gli aumenti anticipati per l’embargo del 5 febbraio

Da ultimo esiste il fattore «guerra». L’Unione europea ha stabilito di praticare un embargo sul petrolio russo a partire dal 5 dicembre, ma è già previsto che dal prossimo 5 febbraio lo stesso embargo sarà allargato anche ai prodotti raffinati. E quindi a partire da quella data mancheranno dal mercato quella fetta di prodotto, in particolare il gasolio, che proveniva dalle raffinerie russe. Quindi, anche qui la riduzione dell’offerta – che viene quantificata in circa un 30% – potrebbe generare un incremento dei prezzi. E siccome questo processo è noto, può anche essere che i mercati stiano già applicando gli incrementi attesi prima ancora che la chiusura alle importazioni russe sia concretamente attuata. Insomma, dovrebbe avvenire domani, ma di fatto la paghiamo già oggi.

Del Poeta: «Il gasolio di provincia costa più di quello di città»

Ricordare le cause aiuta a comprendere i fenomeni, ma di certo non lenisce le ferite. In particolare di chi, come gli autotrasportatori con il gasolio fanno i conti tutti i giorni e che quindi a maggior ragione non giustificano alcune anomalie fuori controllo. Gianfranco del Poeta, presidente del Cacif di Follonica e responsabile della CNA Fita Grosseto, denuncia per esempio ingiustificabili discrepanze di prezzo tra capoluogo e provincia. In alcune zone – spiega – «il costo dei carburanti è maggiorato di 12 – 13 centesimi al litro, rispetto a quello registrato a Grosseto». Un aumento che «può essere comprensibile – puntualizza –in montagna, per le note difficoltà nella distribuzione, ma non invece nelle zone costiere». Secondo Del Poeta l’unico argine all’andamento incontrollato dei prezzi è la concorrenza, prova ne sia che «nei luoghi dove sono presenti pompe bianche i prezzi medi sono inferiori di circa 10 centesimi al litro».

Barattini: «Per avere contratti equi servono politiche di lungo periodo»

Per Lucio Barattini, presidente della Carp di Pesaro e vicepresidente della Cna Nazionale Trasporto il gasolio è soltanto uno degli aumenti che stanno cadendo addosso al settore. Perché ci sono anche da considerare «l’aumento dell’AdBlue, il rincaro degli pneumatici, dei premi assicurativi, dei prezzi degli automezzi che sono cresciuti del 30%». 

Peraltro, questo andamento al rialzo dei prezzi conosce andamenti anche contraddittori, con discese repentine, come quelle che sta vivendo il gas, responsabile dell’affossamento di molte aziende che avevano investito sui veicoli alimentati a metano. Tutti questi fattori di instabilità causano quella che Barattini definisce «un’impossibilità a sottoscrivere contratti equi con la committenza. Motivo per cui abbiamo bisogno di politiche di lungo corso, almeno fino al 2030, che mantengano la differenza del prezzo carburante intra rete ed extra rete, mirino ad armonizzare i costi al livello europeo e facciano sì che la legalità prevalga definitivamente sull’illegalità. Essere visti come eroi quando le situazioni sono complicate non ci basta, abbiamo diritto ad avere lo status che ci meritiamo, quello di essere un anello importante nella strategia complessiva di sviluppo del Paese». 

Uggè: «Riportare la committente alle sue corresponsabilità»

Il presidente di Conftrasporto, Paolo Uggè, affronta la questione da un altro punto di vista, invitando ad applicare «regole che già esistono e che prevedono la responsabilità condivisa fra trasportatori e committenti, sia sul piano della sicurezza (in caso di incidenti) che su quello dei maggiori costi».
«Se i committenti si ostineranno a non voler condividere i maggiori costi con gli autotrasportatori (cosa che invece è prevista per legge) – ammonisce Uggè – tutto il fardello dei rincari continuerà a gravare esclusivamente su questi ultimi. Perché si consente a coloro che sono corresponsabili di fingere, invece, di tutelare i trasportatori? Eppure, se contribuissero per la loro parte, il problema non si scaricherebbe interamente sulla logistica».

Marrella: «Concedere all’autotrasporto un credito di imposta»

Un’ultima proposta arriva da Domenico Marrella, Segretario Generale della Confael (Confederazione Autonoma Europea dei Lavoratori), il quale suggerisce al governo di disporre «l’azzeramento totale delle accise e una forma di sgravio ulteriore, ad esempio sotto forma di credito di imposta, per i prossimi mesi, in particolare per le aziende di autotrasporto e i loro lavoratori”. Per Marrella, infatti, «non dobbiamo dimenticare che oltre l’86% dei beni nel nostro Paese è trasportato su gomma, per questo è fondamentale intervenire per scongiurare il blocco delle attività di fornitura di beni nei punti vendita, che comporterebbe difficoltà nel reperimento dei prodotti, la corsa all’accaparramento e possibili fenomeni speculativi». 

Il diesel costa più della benzina: in 4 minuti la spiegazione del perché

È una delle tante anomalie che ormai si è imposta sul mercato: il sorpasso strutturale del diesel rispetto alla benzina. Un sorpasso che avviene ormai in modo strutturale, malgrado le accise del primo carburante siano inferiori a quelle del secondo. Per capire il perché vi riproponiamo un video di K44 dedicato a questo argomento.

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