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Tre manomissioni di tachigrafo in poche ore: ma stavolta la denuncia penale è per il titolare della ditta

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Sono all’ordine del giorno le sanzioni contro autisti scoperti a manomettere il tachigrafo digitale per violare i tempi di guida. Ma capita sempre più spesso, soprattutto dopo la sentenza della Cassazione che ha sancito la rilevanza penale di tale comportamento, che non soltanto la polizia stradale del caso denunci il tutto alla magistratura, ma anche che tale denuncia si rivolga al legale rappresentante della ditta di autotrasporto. Ieri è accaduto in ben due casi. Il primo si è verificato sulla A3 Salerno-Reggio Calabria dove la polizia ha sottoposto a controllo un camion condotto da un autista di 40 anni del salernitano. E quando, dopo il trasferimento del veicolo in officina, veniva scoperto il consueto magnete e la rottura dei sigilli, scattava la denuncia penale nei confronti del legale rappresentante dell’azienda per rimozione e omissione dolosa di cautele contro gli infortuni sul lavoro ai sensi dell’art. 110 e 437 c.p.

Il secondo caso forse è ancora più clamoroso. Si è verificato in Abruzzo, a San Salvo in provincia di Chieti, dove la polizia giudiziaria affiancata dalla polizia stradale di Termoli, da due tecnici della motorizzazione e da due elettrauti in veste di ausiliari di polizia giudiziaria, nel corso di un’indagine è piombata in un’azienda di autotrasporto della cittadina abruzzese ed è subito andata a scaricare i dati registrati sui tachigrafi della flotta aziendale, che conta complessivamente una quarantina di mezzi. Ebbene in sei dei quindici veicoli controllati veniva prima appurato tramite il software Police Controller alcune irregolarità anomale nei tempi di guida e poi, approfondendo l’analisi, si scopriva che nel collegamento tra cronotachigrafo e il Kitas (il trasmettitore di impulsi), che andrebbe lasciato completamente libero, era stato sistemato un interruttore con cui attaccare e staccare le registrazioni del tachigrafo.

Di fronte a ben sei veicoli manomessi si procedeva alla denuncia all’autorità giudiziaria del rappresentante legale della società di autotrasporti, quando gli agenti si sono accorti che sul piazzale dell’azienda c’era anche un’officina meccanica attiva senza avere le regolari autorizzazioni e in cui lavorava un meccanico non in regola. La segnalazione sul suo utilizzo – si riscontrava in seguito – era partita soltanto quando i poliziotti erano arrivati in azienda, nel tentativo di farlo apparire come un lavoratore pagato con voucher. Alla fine, oltre al sequestro delle attrezzature, gli agenti facevano anche un verbale da 5.164 euro. Ovviamente da aggiungere alla denuncia penale.

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