«Benedetta Europa» viene da commentare guardando i risultati di Iveco nel 2016. Perché nell’anno passato, malgrado molti mercati del pianeta (Usa, Sudamerica, Medio Oriente, Turchia e Russia) hanno vissuto autentici tracolli, Iveco è riuscita ad aumentare di 50 milioni di euro il suo utile operativo, spingendolo a 333 milioni, generati per l’84% proprio dai paesi dell’Unione Europea. Anche il margine operativo del 3,5%, è aumentato (+0,5%) grazie all’incremento di prezzi e volumi, oltre che per efficienze conquistate in fase produttiva. Pierre Lahutte, brand manager della casa, si dice soddisfatto perché la società registra un utile operativo da 10 trimestri consecutivi, ma sulla redditività non molla e intende recuperare il gap con i principali costruttori.
A spingere in alto la casa italiana è stato soprattutto il segmento leggero (3,5-6 ton), salito su un livello che non si vedeva dal 2011 (519.000 unità) e di cui Iveco conquista il 12%, anche grazie alla versione Hi-Matic che assorbe il 18,3% e punta a raggiungere il 25%. Quanto basta per far lievitare del 61,5% i livelli produttivi, passati dalle 10.216 unità del 2015 alle 16.500 del 2016. Una manna dal cielo per lo stabilimento di Suzzara, mentre quello di Nanchino, frutto della joint venture con Nanjing Automotive crescerà ad aprile con un investimento di 200 milioni, propedeutico alla produzione del nuovo China Daily per il quale saranno messi sul piatto ulteriori 170 milioni.
Anche i medi (6-16 ton) hanno marciato meglio (51.000 unità), seppure al di sotto degli anni migliori, anche se qui Iveco intercetta il 32,5% della domanda grazie al sostegno che l’Eurocargo ha ricevuto dal Daily da 7,2 ton. Per il 2017 ci sono prospettive positive con l’introduzione del nuovo Eurocargo in America e Medio Oriente e l’arricchimento della gamma con la versione a metano.
Nel segmento pesante (<16 ton), arrivato a 296.000 unità, Iveco, seppure in un anno di transizione di gamma, conferma la quota del 7,9% raggiunta nel 2015 dopo una crescita iniziata nel 2011. Il 2017, però, appare più roseo, sia per i riscontri positivi ottenuti dallo Stralis XP, sia per un ripensamento della rete, sulla quale sono stati selezionati 250 punti di assistenza in Europa (60 in Italia), collocati nei punti nevralgici e specializzati sulla gamma pesante, sia perché l’accoglienza dello Stralis NP è andata oltre le aspettative. Pensate che oggi il 9% delle vendite Iveco oggi è assorbito da questo veicolo, lanciato soltanto nel giugno 2016.
Segnali incoraggianti arrivano pure dalla Germania, dove Iveco (con tutta la gamma) è il primo marchio straniero a passare la barra del 10% (11,3% per la precisione), e da Africa e Medio Oriente, dove il mercato frena, mentre Iveco sale dal 5,2 al 7,3%, recuperando quanto perduto anni fa a vantaggio di marchi cinesi ora in retrocessione.
Tutto bene, quindi? Di più. Perché questi numeri dimostrano che Iveco, quando il mercato franava, ha relativizzato la dipendenza da Italia e Spagna, ma adesso che anche da noi è tornato il sereno le cose vanno doppiamente bene. Cos’è successo di preciso nella nostra penisola? Nel complesso il mercato sopra le 3,5 ton è cresciuto del 38,6% toccando quota 46.227 unità. Iveco, drenandone il 29,7% (20.245), vi ha ritrovato il quarto mercato continentale.
Merito del Daily che, in un mercato a +38,6%, raccoglie una quota del 26,3%. Merito pure dei medi, cresciuti del 48,6% fino a 3376 unità, il 65% delle quali appannaggio di Eurocargo e Daily di taglia alta. Merito in parte dei pesanti, il segmento più segnato dalla crisi e più in crescita oggi (+52,2%), seppure i suoi 18.135 veicoli valgono solo l’ottava piazza in Europa. La quota Iveco è al 31%, sostenuta anche dai veicoli a metano che, con un incremento del 500%, incamerano 343 ordini. Un ritmo tale da mettere in affanno la macchina produttiva e da non riuscire a consegnare entro l’anno molti veicoli venduti. «Poco male – sorride Lahutte – meglio ritardare una consegna che ridurre la produzione».