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Immigrati irregolari come autisti, sequestrati beni per 12 milioni ad azienda di Piacenza

Un imprenditore dell’autotrasporto utilizzava come conducenti immigrati clandestini, con turni di lavoro estenuanti e chiedendo loro 100 euro di affitto per dormire sui camion. Requisite quote di 14 società, di cui una con sede in Svezia e una in Bulgaria; 32 immobili tra fabbricati e terreni; 110 automezzi tra motrici e rimorchi e numerosi rapporti finanziari. FAI: «Applicare le leggi e fare più controlli»

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Circa 12 milioni di euro tra beni e società sono stati sequestrati oggi dalla Polizia di Stato (Divisione anticrimine Questura di Piacenza) a un’azienda di autotrasporto di Piacenza, che utilizzava immigrati irregolari come autisti di camion. I beni confiscati sono riconducibili direttamente all’imprenditore titolare dell’impresa o indirettamente, attraverso una folta schiera di prestanome.
Oltre che nel piacentino, l’indagine – nome in codice “Hermes” – ha toccato anche le province di Milano, Pavia, Cremona, Catania, Messina e Trapani, nonché nazioni estere (Svezia e Bulgaria). Il decreto di sequestro è stato emesso, sulla base della normativa antimafia, dal Tribunale di Bologna, su proposta del questore piacentino, Ivo Morelli.
In totale sono state sequestrate quote di 14 società, di cui una svedese e una bulgara; 32 immobili tra fabbricati e terreni; 110 automezzi tra motrici e rimorchi e numerosi rapporti finanziari.

LA VICENDA

Il provvedimento è stato eseguito nei confronti un imprenditore nel settore del trasporto su gomma, di origini siciliane, che opera da anni in Emilia-Romagna. Il personaggio era già noto alle forze dell’ordine per numerosi reati (tributari, fallimentari, in materia di falsificazione di mezzi di pagamento, di immigrazione e di prostituzione) ed era stato condannato, nel novembre 2022, appunto per favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione.
L’uomo ora latitante ed è “inseguito” da un’ordinanza di custodia cautelare in carcere per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, intermediazione illecita di manodopera e sfruttamento del lavoro, nonché per delitti contro la fede pubblica.

COME FUNZIONAVA LA FRODE

L’inchiesta ha svelato un vero e proprio “sistema” che favoriva l’ingresso illegale in Italia e lo sfruttamento di cittadini stranieri, di nazionalità brasiliana, moldava e turca. Costoro, dietro il versamento di somme di denaro, venivano dotati di documenti e certificati di abilitazione professionale falsi, per poi essere utilizzati come autisti nelle aziende italiane ed estere dell’imprenditore, ovviamente infrangendo le norme contrattuali di riferimento e anche in precarie condizioni igienico-sanitarie.
In particolare, gli immigrati, pagando 500 euro, ricevevano la “dichiarazione di invito” necessaria per l’ingresso in Italia e, una volta giunti nella Penisola, venivano accompagnati presso la sede di una delle società dell’imprenditore, a Piacenza. Qui, con un ulteriore pagamento di altri 500 euro, venivano forniti di documenti falsi per poi essere assunti come autotrasportatori. Quindi il costo di ogni “pratica” era tra i 2.000 e i 2.500 euro, che venivano corrisposti con pagamenti mensili ancora di 500 euro.
A causa poi delle restrizioni all’ingresso sul territorio nazionale conseguenti alla diffusione del Covid, il sistema illecito si era allargato ad altri Stati UE, con cittadini per la maggior parte moldavi e turchi, formalmente assunti da una società di diritto bulgaro (che faceva sempre riferimento all’imprenditore accusato), ma che operavano in maniera continuativa in Italia.

CONDIZIONI DI LAVORO DISUMANE

La Polizia informa in una sua nota che «i lavoratori fornivano le loro prestazioni in condizioni assolutamente degradanti ed inumane, sfruttati a causa del loro stato di bisogno». Questo significa, in sintesi, turni di lavoro massacranti, senza riposi giornalieri o settimanali e con guide continuate, giorno e notte, privi di adeguato riposo.
Oltre a incassare le somme per lo sfruttamento e il favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, l’imprenditore poi riusciva a trarre ulteriore guadagno offrendo alloggi in condizioni igienico-sanitarie pessime. Ai lavoratori era garantito infatti di dormire dentro baracche o container o addirittura all’interno della cabina dei veicoli pesanti, parcheggiati presso la ditta di autotrasporto, dietro pagamento di una somma di denaro pari a 100 euro al mese.

UN IMPERO CRIMINALE

Le indagini, oltre a far luce sulla pericolosità sociale del delinquente (attivo da oltre 20 anni), hanno permesso di svelare un impero economico-finanziario, realizzato con una serie di operazioni societarie ‘mascherate’ per non ricondurle alla sua persona. L’uomo dichiarava perfino un reddito modesto o addirittura insufficiente anche a soddisfare le esigenze quotidiane personali e del suo nucleo familiare. Enorme bugia, perché gli ingenti guadagni delle attività illecite a Piacenza, dai primi anni del 2000 a oggi, gli aveva permesso di acquisire attività nei settori del trasporto su gomma, logistica, servizi alle imprese, ristorazione, immobiliare, allevamento cavalli e anche spettacoli “a luci rosse”.

FATTURE PER OPERAZIONI INESISTENTI

Tra questa caterva di reati spicca, negli anni 2008-2015, un articolato sistema di frode attraverso le sue società che prevedeva l’emissione e l’utilizzazione di un rilevante volume di fatture per operazioni inesistenti, con un importo complessivo di circa 200 milioni di euro e con l’obiettivo di creare altissimi crediti Iva fittizi in capo a vari soggetti economici compiacenti.
Il meccanismo consisteva, in altre parole, nell’impiego di “società cartiere” che emettevano false fatturazioni per operazioni inesistenti nei confronti di “società filtro”, che avevano a loro volta il compito di emettere ulteriori false fatturazioni nei confronti di altri operatori economici, i veri beneficiari della frode. Nel periodo 2013-2019 il titolare dell’azienda ha anche sottratto dai conti delle sue società circa 5 milioni di euro per la realizzazione di investimenti immobiliari e societari, nonché per sostenere le spese di mantenimento personale e della sua famiglia.

FAI: «OCCORRONO PIÙ CONTROLLI»

Amaro il commento della FAI – Federazione autotrasportatori italiani. «Ancora una volta siamo costretti a registrare come la mancanza di controlli preventivi adeguati e previsti da leggi poco applicate – ha affermato il presidente nazionale, Paolo Uggè – produca la presenza nel nostro territorio di personaggi legati alla malavita, che innescano fenomeni di sfruttamento e incidenti sul lavoro nelle nostre strade».
«Gli appelli che più volte abbiamo lanciato sono spesso caduti nel vuoto – ha aggiunto Uggè – Il fenomeno andrebbe scandagliato e approfondito, perché episodi come quello scoperto non dovrebbero esistere in un Paese civile».

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