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Metti un architetto in officina e lo spazio si dilata

Formau offre un supporto completo alle officine tramite la formazione e la vendita di attrezzature tecniche. Ma nel tempo ha affiancato a questo altri business. Il più innovativo consiste nell’affidare a un architetto la progettazione della struttura assistenziale per poter ospitare quanti più servizi possibili. Il più prestigioso passa attraverso le analisi di un laboratorio chimico, in grado di verificare se la scarsa qualità dei liquidi possa aver creato problemi meccanici

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Quando si entra in Formau, a Casavatore, un comune integrato nella città metropolitana di Napoli, sembra di percepire un rumore. A produrlo è un luogo comune che va in pezzi: quello che vuole tante aziende del Sud costruite con tanta approssimazione, bilanciata semmai da consistenti dosi di fantasia. Qui, invece, non soltanto la fantasia assume i tratti dell’innovazione e della capacità di anticipare i tempi, ma viene incartata con un involucro fatto di ordine e di efficienza, di ambienti lindi e di personale in camice bianco. Cerchiamo di spiegare il perché.

Parliamo di una delle tante realtà orbitanti attorno alla galassia Maurelli, chiamate a ricevere luce riflessa dalla stella maggiore e a restituirla poi in chiave sinergica. Così, se la casa madre rifornisce di ricambi le officine della penisola, Formau, almeno inizialmente, le equipaggia delle attrezzature tecniche necessarie per lavorare e forma i meccanici al loro utilizzo. Un business specializzato che Massimo Carrino, amministratore delegato della società, ha avuto tempo e modo di approfondire. Di fatto lo coltiva da 25 anni, anche se inizialmente, nei primi anni Duemila, era un ramo d’azienda all’interno del Gruppo.

Poi dal 2009, Carrino crea, insieme al presidente Giacomo Maurelli, una società a parte, la chiama «Formau» facendo una crasi tra le abbreviazioni di «Formazione» e «Maurelli» e inizia a farla camminare da sola con ritmo crescente. E se oggi fattura 8 milioni di euro e impiega 18 persone è perché ha sempre cercato di sfruttare la conoscenza delle dinamiche del settore per guardare oltre o, per meglio dire, per considerare il core business dell’attività come un’occasione per fornire ulteriori servizi. Detto altrimenti , è un po’ come se la vendita delle attrezzature e formazione fossero gocce che, cadute in uno stagno (l’officina), creano altri cerchi concentrici, espressione di diverse prestazioni.

La formazione: ieri obbligata, oggi strategica

Il primo cerchio, come indica a chiare lettere il nome della società, non può che riguardare la «formazione». Ma se inizialmente questa doveva servire ai tecnici dell’officina per usare al meglio nuove attrezzature, nel tempo il perimetro formativo si allarga e va a coprire tutte le conoscenze tecniche riferite al mondo del veicolo industriale e funzionali all’aggiornamento di una professione in evoluzione. In anni recenti, poi, l’attività formativa diventa ancora più strategica, visto che la mancanza di personale qualificato rischia di frenare gli investi menti in questo e in altri settori.

E Formau – sottolinea Carrino – «con i suoi 132 corsi di formazione organizzati nel 2024 e le 370 ore di lezione impartite, non può reperire nuovi meccanici, ma così come è in grado di far acquisire a quelli esistenti le competenze utili per restare al passo con i tempi, può anche consentire ai giovani usciti da un ITS e privi di esperienza di affiancare alle conoscenze teoriche le qualifiche pratiche per lavorare su tutti i veicoli industriali». Insomma, non crea meccanici dal nulla, ma li adegua alle esigenze di un tempo straordinariamente accelerato.

Alla conquista dello spazio

L’ultimo cerchio concentrico in ordine di tempo inverte la logica, nel senso che, invece di concentrarsi sul modo con cui l’attrezzatura sarà utilizzata, guarda a dove sarà collocata. Un’intuizione che è in grado di cogliere soltanto chi mette a fuoco i trend. «Oggi dietro alle officine per autocarro – spiega l’AD di Formau – ci sono imprenditori che interpretano sempre di più la loro attività come un concentrato di tanti servizi da fornire ai trasportatori, come un luogo in cui fermarsi per soddisfare ogni possibile esigenza, senza doversi recare altrove. Ed ecco perché all’interno dello stesso spazio si cerca di mettere di tutto, dal reparto carrozzeria all’elettrauto, dal reparto gomme alla revisione dei cambi, dalle attrezzature per allineamenti e convergenze a quelle per gli interventi di carpenteria leggera».

Il problema, quindi, diventa quello di riuscire a moltiplicare i metri quadri in modo da trovare una collocazione a tutto. «Ma la progettazione degli spazi è un’attività in cui non ci si può inventare – constata Carrino – e necessita al contrario di una figura professionale che abbia competenze specifiche. E per questa ragione da poco meno di un anno abbiamo investito per introdurre all’interno della nostra organizzazione una giovane architetta in grado di fornire risposte certe al cliente, di capire come recuperare ogni centimetro, di riuscire a sistemare nuove attrezzature senza creare intralci ai movimenti interni e di incrementare al tempo stesso la produttività della struttura».

L’impulso ottenuto è stato immediato. Fino ad oggi Formau ha realizzato una quindicina di officine in modo attento e minuzioso, stimolando interesse sia in chi intende investire in nuove strutture, sia in chi vuole riprogettare quelle esistenti, spinto anche dalla necessità di dover accogliere nuove attrezzature «figlie del tempo», da quelle necessarie per calibrare i sistemi Adas introdotti normativamente dallo scorso luglio a quelle funzionali all’assistenza di veicoli elettrici che in modo progressivo andranno a penetrare sul mercato.

«Al momento attuale – riprende Carrino – abbiamo nove cantieri aperti in tutta Italia e uno di questi, a Milano, è finalizzato a realizzare per conto di un importante cliente un’officina di circa 6 mila metri quadri, con un investi mento di circa di 6 milioni di euro».

L’assistenza vista al microscopio

Ma il cerchio che in Formau funge da fiore all’occhiello è il laboratorio chimico in cui si fanno le analisi di tutti i liquidi utilizzati su un veicolo. A richiederle sono soprattutto case costruttrici di veicoli quando riscontrano problemi anomali su mezzi in garanzia oppure criticità difficili da appurare con una normale attività di officina. L’attività del laboratorio serve a verificare, per esempio, se il carburante immesso nel motore fosse adulterato.

«È un’eventualità – constata Carrino mostrando i quindici campioni che in media ogni giorno sono sottoposti all’analisi di Formau – sempre più diffusa, in particolare nelle regioni meridionali, ma anche nelle aree del Nord Est, da dove entrano in genere i carburanti di contrabbando». Ma le casistiche che emergono all’interno del laboratorio possono essere tante, anche perché ben il 46% delle analisi sortisce esito positivo: utilizzo di adblue di scarsa qualità; distributori che miscelano nel carburante additivi ricchi di cloro per aumentare i quantitativi erogati e lucrare qualche centesimo su ogni litro; serbatoi di camion forati per alimentare il gruppo frigo lasciando però nel serbatoio stesso sedimenti noiosi per gli iniettori; liquidi di scarso potere lubrificante e quindi incapaci di evitare un’usura anomala prodotta dal contatto di parti meccaniche.

In ogni caso si tratta di una materia delicata, perché solleva risvolti assicurativi di considerevole valore. Ecco perché l’azienda napoletana fornisce un servizio inappuntabile refertando fotograficamente i contenitori sigillati, analizzandoli in tempi brevi (massimo cinque giorni), fornendo un’assistenza per la lettura dell’analisi e un rapporto di prova eventualmente da esibire.

Ma dietro una tale attività non c’è soltanto personale altamente qualificato, ma anche macchinari e microscopi elettronici molto sofisticati «che pochi laboratori in Italia hanno a disposizione – puntualizza Carrino con una punta di orgoglio – e che richiedono investi menti considerevoli. Per garantirli destiniamo al ricambio e all’aggiornamento di queste macchine circa l’1,5% del nostro fatturato».

Sintomo di una sensibilità all’innovazione e alla tecnologia che è difficilmente rinvenibile, in particolare tra le piccole e medie imprese, lungo l’intera penisola.

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