Su cosa conviene concentrare le politiche di sviluppo della logistica italiana? Davide Falteri, Presidente di Federlogistica, non ha dubbi: «Anche costruendo tutte le infrastrutture ferroviarie progettate o in cantiere, dal Terzo Valico alla Napoli-Bari, dal Brennero alla Tav Torino-Lione, la quota parte di merci che si riuscirebbe a spostare dalle strade alla ferrovia varierebbe dal 2,5 al 3,5%. Certo un risultato importante ma non tale da spostare l’asse della mobilità nel nostro paese dove solo il 12% delle merci viaggia in treno e (con l’eccezione delle autostrade del mare) il resto è di competenza esclusiva dell’autotrasporto».
Falteri – non vi sarà sfuggito – non è il segretario di un’associazione di categoria dell’autotrasporto o di un sindacato di conducenti di camion, ma è il presidente di una federazione di imprese di logistica e spedizione, preoccupato da una situazione di mercato che lascia tracce esemplari nelle cronache, come quelle (riportate anche da Uomini e Trasporti) che informano di un’operazione condotta dalla polizia stradale di Veneto e Friuli Venezia Giulia in cui su 300 veicoli pesanti controllati, 200 sono stati sanzionati e tre autisti sono stati arrestati. Per Falteri dietro a questi eventi si cela un rischio incombente sul sistema Paese: se fino a ieri i camion erano preferiti alla ferrovia per la maggiore flessibilità operativa, «oggi sono scelti perché operano su livelli tariffari bassissimi incompatibili con la sopravvivenza delle aziende e specialmente con la sicurezza».
Ecco perché Falteri considera urgente segnalare al Goveno come «l’asse portante della mobilità delle merci in Italia rischia di collassare sia per il nanismo imprenditoriale, sia per la violazione metodica di norme di legge e quindi per lo stato di salute delle aziende del settore diventate soggetti passivi in un Paese che insegue il mito dello shift modale spesso non sapendo neppure di cosa si parli».