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Manovra/2: Stop ai pacchi low cost? La tassa da 2 euro che cambia l’ultimo miglio

L’era delle spedizioni extra-UE a costo zero sta per finire. La Legge di Bilancio 2026 introduce una nuova handling fee di 2 euro su tutti i pacchi sotto i 150 euro provenienti da Paesi extra-UE (Cina in testa). Non è solo una questione di dazi, ma una vera rivoluzione per la logistica. Cosa cambia per chi si occupa di trasporti?

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La Legge di Bilancio 2026 introduce una variabile critica nella catena del valore dell’e-commerce: una handling fee di 2 euro per ogni pacco di valore inferiore ai 150 euro proveniente da Paesi extra-UE. Sebbene presentata come una misura di equità fiscale, per gli operatori della logistica e dell’ultimo miglio si traduce in una complessa sfida operativa e finanziaria.

L’introduzione di questa tassa non è solo una scelta fiscale, ma una risposta a volumi di traffico giudicati insostenibili. Nel 2024, l’Unione Europea ha gestito 4,6 miliardi di piccole spedizioni, il 91% delle quali originarie della Cina. In Italia, il fenomeno è esploso: le dichiarazioni doganali per pacchi sotto i 150 euro sono aumentate del 61,5% in un solo anno, passando da 54,2 a 87,5 milioni di unità.

Oltre al volume, preoccupa l’evasione: si stima che oltre il 65% dei piccoli pacchi sia sottovalutato per eludere i dazi. Attualmente, più del 50% delle importazioni europee gode dell’esenzione doganale grazie alla soglia de minimis, un vantaggio competitivo che ha penalizzato il commercio tradizionale e favorito il modello del fast-fashion e delle grandi piattaforme di marketplace.

Il coordinamento con l’Unione Europea

L’iniziativa italiana si inserisce in un solco tracciato da Bruxelles. Il Consiglio Ecofin ha infatti manifestato l’intenzione di anticipare al novembre 2026 l’abolizione totale della soglia de minimis. La Commissione UE ha proposto una feearmonizzata: 2 euro per le spedizioni B2C (dirette ai consumatori) e 50 centesimi per quelle B2B (destinate ai magazzini). L’Italia, muovendosi d’anticipo, solleva però interrogativi sulla futura integrazione tra la norma nazionale e quella comunitaria, per evitare doppie imposizioni che peserebbero eccessivamente sul consumatore finale. Secondo il Codacons, l’impatto complessivo sulle tasche degli europei potrebbe raggiungere i 9,2 miliardi di euro annui, qualora le piattaforme decidessero di non assorbire il costo.

Un trend globale: il confronto internazionale

L’Italia non è isolata in questa strategia di protezione del mercato interno:

  • In Europa: La Romania ha già introdotto un’imposta di 5 euro; Belgio, Francia e Paesi Bassi stanno progettando misure analoghe.
  • Nel Mondo: Il Brasile applica una tassa del 20% sugli acquisti sotto i 50 dollari (che sale al 60% sopra tale soglia). Gli Stati Uniti hanno recentemente stretto le maglie sull’esenzione de minimis di 800 dollari per contrastare l’ingresso incontrollato di merci duty-free.

Questa nuova barriera tariffaria rappresenta un tentativo di riequilibrare la competizione tra i giganti dell’e-commerce globale e le imprese locali, cercando di coniugare le esigenze di cassa dello Stato con la necessità di una vigilanza doganale più rigorosa ed efficiente.

Pressione sull’ultimo miglio: volumi e costi operativi

Il settore gestisce in Italia tra i 600 e i 700 milioni di spedizioni annue, con una quota superiore all’80% che ricade proprio sotto la soglia dei 150 euro. L’introduzione del contributo di 2 euro rischia di generare colli di bottiglia nei processi di distribuzione finale:

  • Gestione amministrativa: I corrieri espresso e gli operatori del last-mile dovranno implementare moduli di calcolo e rendicontazione in tempo reale. Il rischio è un aumento dei tempi di giacenza nei centri di smistamento per verificare l’avvenuto pagamento del contributo.
  • Riscossione e contenziosi: Se la tassa non viene assorbita a monte dalle piattaforme (come Shein o Temu), l’onere della riscossione potrebbe ricadere sull’operatore alla consegna. Questo trasformerebbe il driver dell’ultimo miglio in un “agente della riscossione”, aumentando drasticamente i tempi di scarico, i rischi di mancata consegna e le frizioni con il cliente finale.
  • Marginalità ridotta: In un settore che opera con margini estremamente risicati, l’aggravio di 2 euro può distorcere la competitività, spingendo le aziende verso una forzata riorganizzazione dei flussi per accorpare gli ordini e ridurre l’impatto della fee unitaria.

Strategie di mitigazione e scenario europeo

L’Italia, anticipando le mosse dell’Unione Europea (che prevede un prelievo armonizzato da novembre 2026), obbliga i player logistici a una doppia transizione. Per chi si occupa di trasporti, le contromisure includono:

  1. Consolidamento dei carichi: Incentivare il groupage per ridurre il numero di singoli colli sdoganati, minimizzando l’incidenza della tassa fissa.
  2. Transizione verso magazzini UE: Lo spostamento dello stock verso hub comunitari (dove la fee europea proposta scende a 0,50 euro) potrebbe diventare una necessità per mantenere la sostenibilità economica delle consegne.

Il rischio di evasione e controlli

Con l’aumento del 61,5% delle dichiarazioni doganali per piccoli pacchi (balzate a 87,5 milioni in Italia), le autorità richiederanno una cooperazione più stretta ai vettori. La tracciabilità totale e la trasparenza dei dati diventano requisiti imprescindibili: la logistica non sarà più solo movimento di merci, ma gestione certificata di flussi finanziari e doganali.

L’impatto sull’ultimo miglio

L’introduzione della handling fee di 2 euro costringerà marketplace e corrieri a riscrivere i termini dei loro accordi commerciali. Non si tratta solo di un costo aggiuntivo, ma di una ridefinizione delle responsabilità legali e operative lungo tutta la filiera.

Ecco come cambieranno i contratti di servizio (SLA) e gli accordi quadro:

Nei contratti attuali, molte spedizioni extra-UE viaggiano con termini che lasciano gli oneri doganali al destinatario. Con la nuova norma:

  • Passaggio al DDP (Delivered Duty Paid): I marketplace saranno spinti dai corrieri a adottare contratti in cui la tassa è già inclusa nel prezzo di vendita. Gli operatori logistici non vogliono assumersi l’onere (e il rischio di insolvenza) di riscuotere 2 euro in contanti o tramite POS alla porta, operazione che distruggerebbe la produttività dell’ultimo miglio.
  • Clausole di “Rivalsa Automatica”: I corrieri inseriranno clausole che permettono di addebitare direttamente sul conto del marketplace non solo i 2 euro della fee, ma anche una commissione di anticipo fondi (disbursement fee) per aver gestito il pagamento verso l’Agenzia delle Dogane.

L’ultimo miglio è misurato sulla velocità. La nuova tassa introduce potenziali ritardi:

  • Tempi di Sdoganamento: I contratti prevederanno nuove “finestre di tolleranza”. Se il marketplace non fornisce dati elettronici perfetti (per confermare che la fee è stata pagata a monte), il corriere avrà il diritto contrattuale di bloccare la merce senza incorrere in penali per ritardata consegna.
  • Gestione dei Resi: Chi paga i 2 euro in caso di reso? I contratti dovranno specificare se la fee è rimborsabile o se rimane a carico del marketplace/corriere come costo amministrativo non recuperabile, complicando la logistica inversa.

I contratti cambieranno natura geografica:

  • Incentivi per i depositi UE: Per evitare la fee piena da 2 euro, i marketplace rinegozieranno i contratti per passare da un modello di “spedizione transfrontaliera diretta” a un modello di “stoccaggio in magazzini doganali europei” (dove la fee proposta scende a 0,50 euro). I corrieri diventeranno quindi partner di fulfillment integrato, non più solo semplici trasportatori.

I contratti includeranno standard molto più rigidi sulla qualità dei dati (Electronic Advance Data – EAD):

  • Penali per dati errati: Se il marketplace dichiara un valore errato per eludere la soglia o non categorizza correttamente il pacco extra-UE, il corriere richiederà protezioni legali (manleve) per non essere ritenuto responsabile in solido delle sanzioni doganali.

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