Nel trasporto pesante l’elettrico è ormai sulla bocca di tutti. Molto meno spesso è sulla strada. Perché tra annunciare un camion a batteria e farlo lavorare davvero, ogni giorno, c’è di mezzo un dettaglio non trascurabile: il rischio industriale.
Il progetto Koinè–Sanpellegrino–MAN nasce esattamente qui. Non da una richiesta di immagine, non da un obbligo normativo, ma dalla scelta di un trasportatore di metterci capitale, organizzazione e visione. E di farlo prima che il quadro sia completamente rassicurante.
Il punto di partenza: due camion elettrici che lavorano davvero
Partiamo allora dai fatti, prendendo qualche metro di rincorsa. Koinè è un’azienda di trasporto con radici profonde: tre generazioni, settant’anni di strada, da quando il nonno dell’attuale consigliere di amministrazione e azionista, Paolo Toccafondi, muoveva merci con carri e cavalli. Nel 1998, con Andrea Toccafondi, nasce formalmente Koinè, in concomitanza con l’incontro industriale con Sanpellegrino, che aveva bisogno di trasferire l’acqua dallo stabilimento di San Pellegrino Terme ai depositi più a valle, in provincia di Bergamo.
Da allora quella navetta è diventata un banco di prova continuo: prima l’efficienza, poi i carburanti alternativi, oggi l’elettrico. Sempre con un obiettivo chiaro: attraversare un territorio montano delicato riducendo al minimo l’impatto.
Oggi, dopo il trasferimento dalla Toscana, l’allargamento delle attività (a servizi aeroportuali, a temperatura controllata, ecc) e la scomparsa lo scorso gennaio a 78 anni di Andrea Toccafondi, Paolo ha scelto di rilanciare. Lo ha fatto da imprenditore e da uomo di sport, puntando sul gioco di squadra, ma assumendosi in prima persona il peso delle decisioni.
Per eliminare anche l’ultima quota di CO₂ da quella tratta, Koinè ha coinvolto due partner naturali per un fornitore di servizi: MAN, come costruttore e consulente tecnico, e Sanpellegrino come committente. Ma il perno del progetto resta il trasportatore.
I numeri sono chiari: due MAN eTGX elettrici, sei rotazioni al giorno, circa 150 bancali al giorno e 120 mila chilometri l’anno per veicolo con navette sempre uguali e con carichi reali. Oggi coprono il 10–15% dei flussi su quella tratta. Non è una dimostrazione simbolica, è lavoro quotidiano. Ed è solo l’inizio.
La domanda di partenza, allora, è semplice e anche scomoda: come si riduce davvero l’impatto del trasporto pesante senza peggiorare il servizio?
Nel caso Sanpellegrino il contesto è unico ma molto istruttivo: sito produttivo in area montana, flussi di merci continui, forte attenzione all’impatto ambientale e sociale. Rumore, traffico e accettabilità sul territorio pesano quanto le emissioni.

Qui il camion elettrico non è una bandiera, ma una soluzione tecnica precisa: circa 30 km all’andata e altrettanti al ritorno, con tratte brevi ma pianificabili e soprattutto con un dislivello che esalta la rigenerazione e fa risalire il livello della carica. Ovvio: non una risposta universale, ma è la risposta giusta a un problema preciso.
2 – La scelta industriale: Koinè si prende il rischio
«È un cambio di paradigma», spiega Paolo Toccafondi. «Oggi spesso il cliente chiede uno o due camion elettrici, si fa l’annuncio e tutto finisce lì. Noi stiamo costruendo un sistema per farli lavorare davvero».
Il punto chiave è questo: l’investimento lo fa il trasportatore. Koinè non ha aspettato incentivi statali né che fosse il committente a farsi carico del rischio. Ha investito nei veicoli, ma soprattutto ha deciso di costruire un sistema proprietario. Energia compresa. È qui che il progetto cambia passo.
3 – Il vero nodo: energia, non camion
Chi gestisce flotte lo sa: il camion è solo metà del problema. «Il nodo vero è la ricarica», dice Toccafondi. «Per questo abbiamo deciso di dotarci noi dell’infrastruttura: fotovoltaico, gestione dell’energia, ricarica proprietaria».
Il percorso è scandito per step:
- oggi: due camion elettrici e un impianto fotovoltaico sul magazzino esistente, circa 0,7 MW;
- domani (2027): nuovo polo logistico a Levate da 40 mila mq con una capacità di produzione di 3,2 MW e una flotta che potrà arrivare a 20 camion elettrici;
- fase successiva: ulteriore ampliamento fino a 60 mila mq complessivi, 7–8 MW di energia autoprodotta e una flotta potenziale di 50 camion elettrici.
L’obiettivo è chiaro: ridurre progressivamente la dipendenza dalla rete, aumentare il controllo sui costi energetici e trasformare l’energia in un asset industriale. Per la quota residua dalla rete, solo forniture certificate green.
4 – Come funziona davvero sul campo
L’esperienza operativa sta confermando un principio chiave. «Il tema vero non sono i chilometri, ma le ore», spiega Toccafondi. «La domanda vera è: quante ore passano dal 100% di carica al 10%? Se riesci a bypassare la notte, produci più fotovoltaico e lavori meglio».
E poi, come detto, su una tratta montana la rigenerazione fornisce un aiuto sostanziale: in discesa si recupera fino al 35–40% di energia. Qui l’elettrico cambia l’organizzazione: turni, soste, gestione della notte e carico diventano centrali.
5 – I conti: la prudenza del vettore, il supporto del committente
Sul piano economico non ci sono scorciatoie. «Il delta costo del mezzo è importante, inutile negarlo», ammette Toccafondi. «Prima di fare previsioni serve verificare l’affidabilità sul campo. Mi sono dato almeno un anno per capire se le ipotesi reggono nei numeri».
Prima la tecnica, poi i margini. È un approccio concreto, da imprenditore. Però anche il committente non è stato a guardare…
Dal lato Sanpellegrino–Nestlé Waters, il progetto si inserisce in una strategia di decarbonizzazione già avanzata. «Noi non compriamo i mezzi ai fornitori», spiega Svante Palebo, Global Head of Supply Chain di Nestlé Waters. «Ma li accompagniamo: contratti più lunghi, flessibilità, lavoro sull’ecosistema». A tal riguardo Sanpellegrino sta lavorando all’installazione di infrastrutture di ricarica sul sito di Madone. E comunque l’elettrico va a incidere soltanto su una fetta residuale di trasporto: oggi il 17% dei volumi viaggia via nave, un altro 17% su treno e circa il 50% su camion alimentati con biocarburanti. Il gasolio resta su un 35%: è lì che l’elettrico inizia a fare la sua parte.

A destra, Svante Palebo, Global Head of Supply Chain, Nestlé Waters.

6 – Efficienza prima della sostenibilità
Non di sola modalità vive il trasporto, ma anche di organizzazione e di flussi logistici coordinati. Perché anche questi possono fornire un supporto concreto nella lotta contro l’inquinamento. Prendiamo un caso concreto: i chilometri a vuoto.

I camion Koinè salgono a San Pellegrino con il vetro o le lattine e scendono con il prodotto finito, in un flusso progettato ovviamente a quattro mani con il committente. Ma ciò che conta è che meno semirimorchi vuoti significa meno camion in circolazione e più produttività. È qui che la sostenibilità diventa anche efficienza industriale.
7 – La tecnologia MAN e le ricariche MOON
I due MAN eTGX sono trattori 20.544 4×2 con motore elettrico da 400 kW (544 CV), 1.250 Nm di coppia e sei pacchi batteria per una capacità lorda di 534 kWh. Cabina GX, sistemi di sicurezza avanzati, servizi digitali e contratto di manutenzione quinquennale.
«Quello che vediamo qui è un segnale concreto per il settore», sottolinea Marc Martinez, Managing Director di MAN Truck & Bus Italia. «La transizione è possibile, ma servono consulenza, politiche chiare e imprenditori disposti a costruire modelli nuovi».
Oltre al veicolo, però, il Gruppo Volkswagen (di cui MAN fa parte) è stato presente anche dal punto di vista infrastrutturale, visto che il progetto è stato sviluppato con il supporto di MOON POWER Italia, un brand di Volkswagen Group Italia dedicato alle soluzioni di ricarica B2B.
CAMION ELETTRICO: COSA FUNZIONA E COSA C’È ANCORA DA DIMOSTRARE
Cosa funziona, oggi
– Tratte corte e ripetitive
– Energia sotto controllo e ricarica proprietaria
– Gestione delle ore più che dei chilometri
– Rigenerazione su percorsi montani
– Riduzione dei vuoti
– Committente coinvolto con contratti adeguati
Cosa resta da dimostrare
– Affidabilità sul lungo periodo
– Rientro dell’investimento
– Scalabilità del modello
– Dipendenza dal contesto operativo
– Gestione e formazione degli autisti


