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La guerra in Ucraina: le possibili conseguenze di attacchi informatici sui sistemi di trasporto

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Il trasporto container legato al Mar Nero ha una dimensione contenuta, ma quanto sta accadendo in Ucraina può generare delle conseguenze rispetto a questo mercato in misura decisamente amplificata. A sottolinearlo qualche giorno alla conferenza Freightwaves Global Supply Chain è stato l’amministratore delegato di Vespucci Maritime, Lars Jensen, quasi profetico nel prospettare le derive commerciali di un conflitto bellico nell’area. Anche se la guerra a cui faceva riferimento Jensen non era tanto o soltanto quella delle armi, quanto quella informatica, che in queste ora sta producendo in effetti meno tragici ma comunque tangibili rispetto a quelli che vengono descritti sui campi di battaglia. Per argomentare il suo ragionamento il manager danese guardava a esperienze passate e in particolare a quanto avvenne proprio in Ucraina nel 2017 nel caso dell’attacco informatico NotPetya, che si presume fossa stato mosso o in qualche modo sostenuto da Mosca. Ebbene, in quell’occasione non soltanto la metropolitana di Kiev venne messa fuori gioco perché improvvisamente saltò il sistema di pagamento elettronico, ma anche le attività dell’aeroporto di Borispil e dell’azienda energetica Ukrenego furono bloccate o gravemente rallentate. Ma la cosa di maggiore interesse, in questo ambito, riguarda il fatto che l’attacco interessò anche i sistemi informatici di Maersk e della filiale europea di FedEx, TNT. La stima dei danni prodotti sul colosso del trasporto container danese, il primo operatore su scala mondiale, si aggirò intorno ai 300 milioni di dollari. Jensen ha chiarito che l’attacco non era stato mosso direttamente nei confronti di Maersk, ma semplicemente era stata una delle migliaia di aziende che «avevano sofferto danni collaterali da quell’attacco», che comunque mise fuori uso i suoi sistemi informatici per circa due settimane

All’esterno non fu tanto percepito perché all’epoca esisteva un’elevata capacità del sistema di tamponare quella difficoltà. Era cioè un sistema che sapeva funzionare a pieno regime e quindi reagire all’eventuale perdita di efficienza di un suo pezzo. Ma oggi la situazione è esattamente opposta e quindi la stessa esperienza sarebbe in grado di produrre conseguenze molto più allargate e finirebbe a catena per interessare una dimensione globale del commercio.

All’opposto, invece, il CEO di Vespucci Maritime ha fatto spallucce a chi gli chiedeva se l’impennata dei prezzi del petrolio avrebbe spinto in alto i prezzi dei noli. «Siamo nell’insolita situazione in cui – ha dichiarato – nessun caricatore si preoccupa veramente dei prezzi del petrolio perché i noli sono già molto alti. In passato, se i vettori avessero dovuto improvvisamente applicare un aumento di 200 dollari BAF (vale a dire la parte addizionale al nolo legata al costo del carburante) a causa dell’impennata dei prezzi del petrolio, ciò avrebbe provocato una protesta. Oggi invece penso che quel tipo di aumento non significhi nulla».

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