Con la circolare n. 14/E del 18 dicembre 2025 l’Agenzia delle Entrate interviene su un tema molto delicato per il mondo dell’autotrasporto e della logistica: l’applicazione del regime transitorio opzionale di reverse charge alle prestazioni di servizi rese all’interno della filiera.
L’obiettivo dichiarato è duplice. Da un lato, contrastare comportamenti irregolari in settori caratterizzati da catene di subfornitura articolate; dall’altro, fornire agli operatori e agli uffici fiscali indicazioni operative univoche, riducendo il rischio di interpretazioni difformi.
Un meccanismo noto, ma applicato a un perimetro preciso
Il reverse charge non è una novità in assoluto, ma la circolare chiarisce che, in questo caso, si tratta di un regime facoltativo e temporaneo, applicabile esclusivamente a specifiche attività economiche.
In concreto, l’IVA non viene addebitata in fattura dal prestatore del servizio, ma assolta dal committente, che la versa all’Erario in nome e per conto del fornitore. La scelta di aderire al regime resta in capo alle imprese interessate, senza alcun obbligo generalizzato. Un meccanismo che per le aziende potrebbe nascondere diverse insidie. In questo sede, però, ci asteniamo dal giudizio e andiamo a spiegare i chiarimento dell’Agenzia.
Le attività interessate e il ruolo dei codici ATECO
Uno degli aspetti centrali affrontati dalla circolare riguarda l’individuazione delle imprese che possono accedere al regime. L’Agenzia delle Entrate richiama espressamente alcune attività riconducibili ai settori del trasporto, della movimentazione merci e della logistica, individuate tramite specifici codici ATECO.
Per l’autotrasporto, il riferimento principale è il trasporto di merci su strada (49.41), accanto ad altre attività come il magazzinaggio, la gestione dei centri di movimentazione merci, la movimentazione vera e propria e i servizi di logistica. Il richiamo ai codici ha una funzione sostanziale: ciò che rileva è l’attività effettivamente svolta e il suo inquadramento nel perimetro delineato dalla norma.
La filiera e il nodo dei subappalti
Particolarmente rilevante è il chiarimento relativo ai rapporti di subappalto, tipici del settore. La circolare specifica che il regime può operare solo se tutti i soggetti coinvolti, in qualità di committenti o subappaltanti, svolgono attività rientranti nei codici ATECO ammessi.
In altri termini, il reverse charge trova applicazione solo all’interno della filiera “qualificata”. Restano quindi escluse le prestazioni rese nei confronti di committenti che operano al di fuori dei settori individuati, anche se si avvalgono di servizi di trasporto o logistica.
Gli effetti operativi per le imprese
Sul piano pratico, l’adesione al regime comporta un cambiamento circoscritto ma rilevante: il prestatore emette fattura senza IVA, mentre il committente assume l’onere del versamento dell’imposta.
La circolare chiarisce inoltre che, qualora a seguito di accertamento emerga un’imposta non dovuta, il diritto alla restituzione spetta esclusivamente al committente, in quanto soggetto che ha versato l’IVA per conto del prestatore. La domanda di rimborso deve essere presentata entro due anni dalla definitività dell’accertamento e presuppone la prova dell’avvenuto versamento.
Nessuna interferenza con l’IVA trimestrale dell’autotrasporto
Un passaggio di particolare interesse per il settore riguarda il coordinamento con il regime IVA trimestrale, tipico delle imprese di autotrasporto. L’Agenzia delle Entrate chiarisce che l’adozione del reverse charge non incide sulla possibilità di continuare a liquidare l’IVA con cadenza trimestrale.
Le fatture ricevute continuano a essere registrate nel registro IVA acquisti e confluiscono nella liquidazione periodica. Nel caso in cui il trasportatore aderisca al regime opzionale in qualità di committente, l’IVA deve essere versata tramite modello F24, senza compensazione, entro il giorno 16 del mese successivo alla data di emissione della fattura.
Una scelta da valutare con attenzione
Il quadro delineato dalla circolare n. 14/E restituisce una disciplina più chiara e strutturata, ma conferma che il regime transitorio di reverse charge non rappresenta una soluzione “standard” per tutti gli operatori.
Si tratta piuttosto di uno strumento da valutare con attenzione, tenendo conto della propria posizione nella filiera, della tipologia di rapporti contrattuali e dell’organizzazione amministrativa dell’impresa. In questo senso, la circolare fornisce alcuni i riferimenti necessari per una scelta consapevole, riducendo in parte alcune zone di incertezza che aveva accompagnato l’esordio della norma.


