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A prova di Laura | Iveco S-Way 490. In manovra, buona la prima

Il pesante stradale del costruttore nazionale sprizza italianità dietro ogni centimetro di vernice, nel design sorridente, nella grinta (espressa già a bassi regimi) del motore. Ma a infondere soddisfazione a chi guida è la garanzia di vedere andare le ruote esattamente «dove vuoi». Una manovrabilità conquistata anche grazie all’ottimo lavoro di distribuzione dei pesi sulla ralla. E a fine giornata, braccia e schiena ringraziano

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Ci sono stati tempi in cui andava di moda andare all’estero per fare lavori che qui in Italia non avremmo mai fatto, come se il semplice appellativo di «bartender», piuttosto che un banale «barista» rendesse il lavoro diverso e meno faticoso. Essere un addetto di «backbar» sembrava più affascinante di un banale «lavapiatti».
Ed è lo stesso principio per cui passare un week end a Vienna è più cool che trascorrerlo a Roma.
Per osmosi, quindi, è più figo guidare un camion prodotto oltre confine che uno di bandiera.
Arriva un momento, però, in cui il tuo paese ti manca e bisogna fare un passo indietro per rintracciarne le origini. Come quando si cresce e ci manca la carezza della mamma che da adolescenti si snobbava in modo rigoroso.
Ecco. Italianità è proprio quello che mi salta in mente appena vedo arrivare Iveco S-Say 490, come se in un attimo si palesasse davanti a me il sogno del camionista, la fierezza e la potenza che hanno caratterizzato i gloriosi anni 80 e 90 del trasporto italiano. Quelli attraversati, per essere ancora più chiari, dal mitico Turbostar. Un passato che a volte ritorna (vedi box). Come si fa a declinare un invito così?

Design: il bello consapevole

Iveco S-Way sembra sorriderti con una curva di leggera sfrontatezza, un’espressione che può permettersi solo chi sa di fare bene il proprio lavoro.
Quel ghigno leggero e accattivante che disegna la mascherina si fonde perfettamente con le linee aerodinamiche che aiutano il nuovo S-Way a essere seducente, anche per quanto riguarda i consumi, ma anche fiero, ardito e capace di conquistare gli occhi di tutti.
In alcuni tratti, appare persino malizioso, un po’ come quel tipo che sa di piacere e ama essere osservato, al punto che quando si veste in total look (quando cioè si verniciano mascherone, specchi e parasole dello stesso colore della carrozzeria), diventa travolgente.

Gli interni: S come Spazio

Una merendina può essere «croccante fuori e morbida dentro». S-Way no: ciò che dimostra nell’apparenza lo conferma anche nella sostanza. Anche negli interni, infatti, esprime sicurezza e voglia di essere il primo della classe, offrendo un’ampiezza unica all’interno del mercato.
«Ma davvero tutto questo spazio è per me?», ti viene da chiedergli con un atteggiamento simile a quello di un bimbo che entra per la prima volta in una cameretta nuova.
I cassettoni anteriori permettono di stoccare effetti personali in modo comodo e pratico, mentre i gavoni sotto alla branda sono ampi, ma soprattutto accessibili sia dall’esterno che dall’interno, perfetti per chi ha necessità di cambiarsi e non vuole accedere in cabina con indumenti sporchi, ma anche funzionali per chi necessita di portarsi dietro borsoni ingombranti e non vuole sacrificare lo spazio interno.
Il mio compagno di oggi rivela un’indole dalle tante angolazioni, un tipetto flessibile, ma mai titubante. Lo dimostra nelle configurazioni dei cassetti sotto la branda, dove c’è la possibilità di avere, oltre al già ampio frigorifero, anche un secondo cassetto coibentato, ideale per chi deve rimanere più di un giorno fuori casa.
Un’accortezza semplice ma essenziale che Iveco ha implementato è la presa a 220V installata sul frontino del frigo. Una soluzione in grado di risolvere incombenze fastidiose durante la giornata e, soprattutto, di evitare di avere inverter pendenti in giro per il camion, che possono essere poco sicuri, oltre che un intralcio.

Plancia e sedile: architravi del comfort

Iveco S-Way manifesta un carattere ordinato ed essenziale e lo si coglie perfettamente osservando la sua plancia lineare e intuitiva nella ricerca dei comandi, priva di inutili orpelli, ma anche (purtroppo) di qualche ripiano d’appoggio, almeno nella configurazione standard, che tornerebbe utile in tante situazioni quotidiane.
Decisamente ospitale il sedile, che risulta protetto da beccheggi e rollii grazie a un sistema di aggancio completamente riconcepito. In questo modo alla guida si ha la sensazione di avere davvero «il camion in mano» ed è una della peculiarità che ho più apprezzato di questo veicolo. Una stabilità di guida che parte già dal sedile e permette, soprattutto sugli autoarticolati, di non avere quella strana sensazione di dondolio che ti invita a correggere il rimorchio. Un dettaglio che può fare molto la differenza, soprattutto per chi è alle prime armi.
L’eccessiva schiettezza, a volte, può rischiare di mettere un po’ in soggezione. Qui accade per esempio nella regolazione del volante, non del tutto ottimale. Però, basta capire in che modo affrontarlo, lasciare che sia lui a portarti dove vuole e a quel punto è possibile scoprire una personalità sorprendente.

Alla guida: un tricolore in movimento

Iveco si riconosce immediatamente per la grinta del motore. E questo impeto finisce per regalarmi un dolce ricordo: i miei primi giorni da autista e in generale quei momenti in cui ero convinta che guidare significasse ricercare prestazioni, anche a scapito dei consumi.
Il mio compagno di oggi fornisce una lezione di tutt’altro approccio. Nel senso che riesce a mettere d’accordo prestazioni esuberanti e consumi ridotti. Merito dei motori da 13 litri, che forniscono il loro meglio già a bassi regimi, e dei ponti posteriori a riduzione singola, composti quindi da meno elementi, così da avere meno peso, minori attriti e maggiore efficienza.
Un camion che del tricolore ha tutto: il rosso della passione, il bianco dell’entusiasmo e il verde della sostenibilità.
Leggero, dalle cambiate fluide e con un retarder eccezionale, S-Way si guida con allegria e dinamicità anche su strade statali o provinciali, decisamente più difficili rispetto alle autostrade.
Ci si muove nel traffico misto con eleganza, grazie alla visibilità sia del parabrezza ma soprattutto degli ampi specchi retrovisori, che però a dispetto delle dimensioni non producono alcun fruscio, garantendo un’insonorizzazione di tutto relax.
Ma soprattutto il camion Iveco è l’unico – e lo sottolineo – che mi ha fatto provare l’ebrezza del parcheggio con una sola manovra già dai primi metri percorsi insieme. E questo è sinonimo di grande fluidità e di una risposta precisa dello sterzo alle sollecitazioni dell’autista. Insomma, S-Way è uno con cui ci si capisce al volo.
Nella conquista di tale manovrabilità un apporto decisivo va anche riconosciuto all’ottimo lavoro di distribuzione dei pesi sulla ralla (che noi abbiamo fatto spostare indietro di un foro rispetto allo standard, come su tutti i veicoli in test che agganciamo con i nostri rimorchi).

E per la connettività… basta la parola

Una manovrabilità connessa, così come lo è il resto del veicolo grazie a Iveco Driver Pal, che trasforma il camion in un vero e proprio compagno di viaggio digitale.
Grazie al dispositivo Amazon Alexa completamente integrato è possibile interagire con il veicolo controllando i sistemi di bordo, esplorare le funzioni di gestione della flotta, pianificare le missioni con i sistemi di navigazione, facendo esclusivo ricorso alla voce.
E questo è proprio il sogno di chiunque: avere un partner che risponde a ogni nostra disposizione!

La lezione di storia di Iveco

Questo tipetto accattivante, deciso e diretto, riporta in auge il gusto dell’estetica italiana e l’ardore dei motori potenti, spingendoli in una direzione più sostenibile, così da dimostrare come sia possibile mettere d’accordo concetti apparentemente distanti.
Con lui ho fatto un viaggio tra passato, presente e futuro, senza che nessun tempo cancellasse o superasse l’altro. Perché Iveco è riuscita a mixare insieme la tradizione del passato espressa da un motore potente, l’estetica accattivante richiesta dagli anni presenti, volgendo al tempo stesso lo sguardo verso le esigenze di sostenibilità pretesi dagli anni a venire. La lezione è chiara: i tempi passati non sono da rimpiangere, né quelli presenti da denigrare, perché ogni epoca ha qualcosa di buono. È dal connubio del meglio prodotto da ogni epoca che si delinea il profilo del futuro.

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