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2015 nero per il lavoro. Meno infortuni ma più morti

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In un contesto economico che vede il nostro Paese in leggera ripresa, se per un verso diminuiscono gli infortuni sul lavoro (circa 24.000 unità) desta molta preoccupazione l’incremento delle denunce di infortunio mortale che registrano una crescita di 161 unità nei primi undici mesi del 2015. Lo denuncia l’ANMIL (associazione nazionale fra lavoratori mutilati e invalidi del lavoro) partendo dai recenti dati pubblicati dall’Inail nella sezione statistica Open Data, in relazione al periodo gennaio-novembre 2015.

Se il numero complessivo degli infortuni sul lavoro continua a mantenere un trend decrescente, anche se in fase di rallentamento (-4%), preoccupa la crescita delle morti per incidenti sul lavoro che nel periodo in esame ha registrato un aumento del 17,5% delle denunce di infortunio mortale, passate dai 919 casi dei primi undici mesi 2014 a 1.080 nel 2015, con un incremento 161 unità. I settori, ad alto rischio, in cui questi undici mesi del 2015 hanno segnato i maggiori peggioramenti negli andamenti infortunistici mortali sono stati i trasporti (+24%), le costruzioni (+18%) e il manifatturiero (+14%).

Il 2015 segna quindi una preoccupante inversione di tendenza nell’andamento del fenomeno, una situazione che nel nostro Paese non si verificava dal 2006.

Per quanto riguarda le malattie professionali, dai dati INAIL (Open Data) relativi ai primi undici mesi dell’anno, risulta che sono state notificate 54.372 denunce contro le 52.892 dello stesso periodo del 2014, con un incremento del 2,8%. In crescita sono le patologie muscolo-scheletriche che nel 2015 sono aumentate in misura molto superiore alla media, passando dalle circa 30 mila del 2014 alle oltre 32 mila dell’omologo periodo 2015, mentre restano “stabili” le denunce delle malattie professionali “tradizionali” più diffuse.

Secondo l’ANMIL «Non si può tecnicamente affermare che esista una correlazione o una corrispondenza “esattamente misurabile” tra incremento della produzione, dell’occupazione e delle ore lavorate da una parte e il rallentamento della contrazione degli infortuni o la crescita degli incidenti mortali dall’altra, tuttavia è innegabile il fatto che un aumento del monte-lavoro (espresso in numero di occupati o di ore lavorate) equivalga automaticamente a un aumento dell’esposizione al rischio. Inoltre i fattori di rilancio della ripresa economica hanno innescato una progressiva accelerazione dei ritmi di lavoro, del grado di utilizzo degli impianti, dell’assunzione di personale temporaneo, precario e probabilmente inesperto (l’aumento dell’occupazione ha riguardato soprattutto lavoratori “a termine”) fattori che incidono negativamente e in varia misura sugli standard di sicurezza abituali e possono creare situazioni di rischio per i lavoratori».

Redazione
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La redazione di Uomini e Trasporti

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