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5.000 euro di multa ad autista italiano in Germania perché non parla tedesco

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Un viaggio come tanti, dall’Italia alla Germania. Soltanto che il camion di un’azienda di autotrasporto del milanese nel corso di uno di questi viaggi, impegnato in trasporti eccezionali, è stato fermato dalla polizia. E a quel punto gli agenti hanno iniziato a indirizzare all’autista una serie di interrogativi in lingua tedesca, senza ovviamente ottenere risposta. E già, perché per entrare in Germania e caricare e scaricare merci non è richiesto avere conoscenza della lingua tedesca. Invece, con sommo stupore dell’interessato e della sua azienda, gli agenti hanno contestato non un’infrazione del codice della strada, ma una norma di diritto commerciale: la concorrenza sleale. E per questo gli hanno comminato una multa di 5.000 euro. Ricapitoliamo per quelli che – giustamente – a questo punto saranno confusi: stiamo spiegando che un camion partito dall’Italia e quindi dall’Unione europea, arrivato in Germania, altro paese dell’Unione europea, è stato multato in maniera particolarmente salata perché metteva in atto pratiche di concorrenza sleale, in quanto l’autista italiano non conosceva il tedesco. 

L’azienda di autotrasporti italiana, di fronte a tanta approssimazione, ha deciso di reagire. Così, essendo associata alla Fai di Milano, ha deciso per un verso di collettivizzare la vicenda e di fare in modo che la stessa sventura non colpisca altri trasportatori di casa nostra, per un altro ha dato mandato a un avvocato tedesco per impugnare il ricorso e le sue motivazioni, evidentemente in contrasto con i principi cardini su cui si fonda il processo di unificazione europea. 

Attenzione, però, a non considerare tutta la vicenda un fenomeno di folclore. Perché alla stessa Fai di Milano spiegano che in realtà rispetto ai permessi relativi ai trasporti eccezionali, anche in Francia hanno preteso dall’autista di parlare il francese. Da qui la provocatoria domanda che chiude la lettera-denuncia dell’associazione, riportata da Strada Facendo: «In Italia possono venire tutti senza conoscere la nostra lingua, soprattutto in considerazione della rete viaria di cui disponiamo?». 

Il vice-presidente di Conftrasporto, Paolo Uggè, non ha dubbi e si appella alla reciprocità, nel senso che o le Autorità comunitarie intervengono in tempi immediati per impedire questo atto definito «illegittimo» o, in caso contraro, il ministro dell’Interno deve rendere vigenti anche in Italia queste normative. Insomma, se le applicano gli altri Paesi non si capisce perché non debba farlo anche l’Italia. E peraltro, in questo modo, si metterà anche un «freno all’invasione di imprese estere, soprattutto dell’est, che si muovono sulle nostre strade e quando incappano in un controllo fingono di non comprendere la lingua italiana, così riuscendo spesso a farla franca».

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