La società di autotrasporto operava normalmente in Trentino, anche se la sede sociale figurava ufficialmente in Slovacchia, per la precisione a Bratislava, perché così poteva versare lì le imposte e far fronte a una serie di costi burocratici, decisamente più contenuti di quelle applicate in Italia. Un giorno però gli uomini della Guardia di Finanza di Trento sono andati su internet e, utilizzando una comune applicazione di localizzazione satellitare, hanno appurato che la sede in questione era in pieno centro, quindi priva di piazzali o di altre infrastrutture tipiche di un’azienda di trasporti. Poi, analizzando ancora più a fondo l’immobile, hanno appurato che gli uffici sociali erano tutti collocati in una stanza di 20 metri quadri, all’interno della quale avevano sede sociale altre 46 società. A quel punto è apparso evidente che in realtà la società era soltanto fittiziamente trasferita, mentre in realtà era ancora tutta nelle mani di un imprenditore trentino, che di fatto decideva i prezzi da praticare, selezionava i trasporti, gestiva i rapporti con le banche. Quello che invece figurava come rappresentante legale era un autista slovacco di 54 anni, risultato alle dipendenze della stessa società. Questi, stando ai libri sociali avrebbe dovuto percorrere più di 370 mila chilometri e inviare contemporaneamente 84 mila mail in un anno. Senza considerare che nemmeno uno dei trasporti effettuati dalla società aveva origine o destinazione in Slovacchia.
In questo modo e soprattutto presentando dichiarazione reddituale in Slovacchia invece che in Italia, la società trentina era riuscita a evadere più di 3,6 milioni di euro in meno di quattro anni (tra il 2013 e il 2017) e in questo modo riusciva anche a praticare tariffe di trasporto più basse, a danno delle aziende regolari.