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Autisti e trasfertisti: chiarito il confine distintivo e il relativo trattamento fiscale

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Non compare nella Legge di Bilancio, ma era presente già nella legge n. 225 del 1° dicembre 2016, che convertiva con modificazioni il D.L. n. 193/2016 (detto anche “decreto fiscale”), l’interpretazione autentica del concetto di di trasferta. In particolare la norma fornisce una precisa definizione del lavoratore trasfertista, individuato come quello che:

a) dispone di un contratto in cui non viene indicata la sede di lavoro;

b) svolge un’attività lavorativa che richiede continua mobilità;

c) percepisce una indennità o maggiorazione di retribuzione in misura fissa, attribuiti senza distinguere se il dipendente si è effettivamente recato in trasferta e dove la stessa si è svolta.

E’ da sottolineare che nell’interpretazione fornita dalla norma gli autotrasportatori non vengono assimilati a tale categoria. In questo modo si conferma che il regime di tassazione delle indennità di trasferta utilizzato per l’autotrasporto è il settore autotrasporto è corretto, in quanto considera i propri addetti non come trasferisti, ma come lavoratori che, occasionalmente, si trovano in trasferta e per questo viene loro riconosciuta l’indennità di disagio esclusivamente per tali periodi e in funzione delle ore trascorse al di fuori del territorio in cui si trova la sede di lavoro del dipendente. In definitiva quindi le indennità di trasferta corrisposte agli autisti che occasionalmente prestino servizi per cui è necessario assentarsi dalla sede di lavoro non concorrono a formare il reddito se si limitano a 90 euro al giorno, che diventano 150 euro rispetto alle missioni all’estero

Redazione
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La redazione di Uomini e Trasporti

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