Il giudice di pace di Roma ha condannato il ministero dell’Ambiente a risarcire 1.550 euro a un’impresa di autotrasporto della provincia di Bergamo. La motivazione? Compensare i danni economici subiti dall’azienda per doversi iscrivere obbligatoriamente e subire gli oneri econoci coseguenti al sistema di tracciabilità dei rifiuti anche noto come Sistri. Allo stesso ministero sono state rimesse interamente anche le spese legali.
Il ragionamento del giudice di pace che è alla base della sentenza depositata in cancelleria lo scorso 18 ottobre 2013, poggia sulla considerazione che malgrado il sistema non sia mai entrato in funzione (almeno all’epoca della decisione) le imprese che trasportano rifiuti hanno comunque dovuto pagare per due anni – il 2010 e il 2011 – i contributi per farlo funzionare e provvedere a una serie di oneri connessi, quali il montaggio sui veicoli delle scatole nere e l’abbonamento al traffico dati delle chiavette usb con cui compilare e sottoscrivere online i formulari digitali.
Ma la cosa che di per sé dimostrerebbe la colpecolezza del ministero è la sua decisione, presa con decreto datato 31 agosto 2013 (convertito con legge 31 ottobre 2013), di cambiare rotta e di escludere dall’obbligo di tracciabilità i rifiuti non pericolosi. Da qui la certezza che le aziende che trasoortano questa tipologia di rifiuti avevano sopportato un onere non dovuto e quindi da risarcire.