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Caro gasolio e logistica web tipo Uber, i trasportatori cinesi si ribellano. E in Portogallo è sciopero ad oltranza

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La Cina è vicina, si diceva negli anni ’70. Ed effettivamente oggi il colosso orientale appare sempre più presente nella routine quotidiana del mondo dei trasporti. Tuttavia la vicinanza si sta estendendo anche ai problemi di tutela dei diritti degli autotrasportatori e in particolare del diritto alla lotta sindacale.

Il caro gasolio e un sistema logistico online che utilizza la metodologia Uber hanno infatti colpito anche la terra dell’Estremo Oriente, provocando il più grande sciopero degli autisti di camion che si ricordi. I trasportatori cinesi che operano su lunghe distanze hanno incrociato negli ultimi giorni le braccia, creando lunghe code sulle strade di una decina di città, tra le quali Shanghai e Chongqing. La protesta, come accennavamo, è contro l’insostenibile aumento dei costi – soprattutto quello del gasolio – ma anche verso la piattaforma online del Gruppo Manbang, un’area web che ha riprodotto il sistema Uber nel campo della logistica. Formata dalla fusione di due grandi piattaforme logistiche preesistenti, questa borsa carichi ha di fatto creato un monopolio, imponendo agli autisti condizioni contrattuali da capestro. Una situazione che è stata denunciata dai conducenti con video pubblicati a più riprese sui social network.

Anche se le proteste sono spontanee e non organizzate, il movimento si sta progressivamente allargando con la motivazione che si tratta di una lotta per la sopravvivenza di un numero impressionante di lavoratori. Secondo il ministero dei Trasporti, in Cina ci sono 18 milioni di autisti di lunga distanza, ma altre stime parlano di oltre 30 milioni. Il governo di Pechino ha tentato di reagire alla serrata, offrendo agli autisti l’apertura di strutture di accoglienza fornite di diversi comfort, ma la proposta non ha per ora convinto i dimostranti.

Insomma, la crisi si fa sentire anche dove solo fino a pochi anni fa una simile protesta non sarebbe stata nemmeno concepibile. Il proverbio “tutto il mondo è paese” non è mai stato così attuale. E una conferma di questa situazione di crisi generale del settore, in particolare per l’incremento del prezzo del carburante, arriva dal Portogallo. Lo scorso sabato un fermo nazionale del trasporto su strada, indetto dall’Associazione nazionale dei trasportatori portoghesi (ANTP), ha provocato l’arresto di qualsiasi attività del settore e una serie di azioni di Tir lumaca in tutto il Paese. La protesta, di durata indeterminata, è stata provocata dall’assenza di segnali positivi del Governo alle richieste dell’ANTP, che denuncia la grave situazione economica del comparto in Portogallo, aggravata dall’aumento del prezzo del gasolio, dalla tassazione e dalle dure condizioni di lavoro. I rappresentanti dell’ANTP hanno tenuto diversi incontri con il Segretario di Stato per le Infrastrutture, senza peraltro riuscire a trovare una soluzione per la posizione di chiusura dell’Esecutivo.

Le richieste dei trasportatori portoghesi vanno dalla creazione di un meccanismo di indicizzazione automatica dell’aumento del gasolio nelle tariffe di trasporto a una nuova regolamentazione dell’accesso al settore che limiti l’ingresso massiccio di nuovi operatori; da una riduzione dei pedaggi sulle autostrade portoghesi a miglioramenti delle condizioni sociali dei conducenti professionisti. Come si può vedere, tutte richieste che sono ben presenti anche nelle rivendicazioni delle piccole e medie imprese italiane del settore.

Foto Asianews

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