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Chiusura del Brennero a metà aprile: per il trasporto merci un sovraccarico di un milione al giorno

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Il Brennero sarà chiuso. Il ministro dei Trasporti austriaco lo ripete da giorni. E il governatore del Tirolo, Günther Platter, gli fa eco con insistenza, specificando che «nessuno di noi si augura siano istituiti punti di controllo al Brennero, ma se gli Stati europei non rendono sicure le frontiere esterne, l’Austria sarà costretta a controllare i propri confini». Anzi, a questo punto si potrebbe anche ipotizzare una data precisa per questa chiusura annunciata: non oltre metà aprile. A stabilirla non sembrano tanto le logiche dell’Europa unita, ma quelle tutte interne all’Austria. A Vienna, in questo momento, governa una grande coalizione fra socialdemocratici e popolari. Ma il 24 aprile è in programma il primo turno delle elezioni presidenziali e il candidato della FPOE, partito nazionalista anti-migranti, rischia di lasciare dietro sia socialdemocratici che popolari. Adottare prima delle elezioni una misura altamente simbolica, come quella di ripristinare i controlli capillari sul passo del Brennero, potrebbe servire ad arginare la sconfitta dei partiti governativi.

Ma questa misura ovviamente non piace a tanti. Non piace al quasi migliaio di giovani dei centri sociali che ieri hanno organizzato una manifestazione che ha sconfinato di qualche centinaio di metri, finendosi per scontrare con la polizia austriaca, che li respinti con gli spray al peperoncino.

Così come non piace al senatore trentino del Patt, Franco Panizza, che in aula, rivolto al presidente del Consiglio Matteo Renzi, lo ha invitato a intervenire sia con Vienna sia in sede europea per scongiurare la chiusura della frontiera e a «sostenere l’iniziativa congiunta dei governatori di Tirolo, Alto Adige e Trentino finalizzata a coinvolgere tutti i Paesi membri nel controllo delle frontiere dell’Unione, e di lavorare per un asilo politico europeo».
Ma soprattutto non piace al trasporto merci per evidenti ragioni. Già lo scorso 19 febbraio il presidente di Anita, Thomas Baumgartner, aveva parlato di «pesanti ricadute sul settore produttivo e su quello dei servizi di trasporto che da anni sono tarati su tempi di consegna just in time».

Purtroppo però quanto sta accadendo già in questi giorni sembrano proprio le prove generali del ritorno indietro delle lancette della storia. Chi viaggia lungo quella rotta, infatti, avrà potuto constatare come da qualche giorno i camion che provengono dall’Italia una volta superato il confine e varcata la prima galleria devono lasciare l’autostrada A22 per essere tutti incanalati in un grande piazzale collocato a destra della strada. A dire il vero a essere fermati e controllati sono ancora pochi, mentre gli altri vengono costretti a rallentare, a viaggiare a passo d’uomo per qualche centinaio di metri per poi riprendere la marcia normale. Ma chiedendo informazioni più dettagliate sembra che proprio lì su quello stesso piazzale in cui oggi viene convogliato il transito, a partire da metà aprile dovrebbero essere istituiti controlli capillari ed entrare ufficialmente in funzione (anche se già oggi viene in qualche caso isolato utilizzato) uno scanner termico, vale a dire una sorta di portale sotto al quale far transitare il veicolo con il semirimorchio al seguito, per verificare l’eventuale presenza – segnalata da fonti di calore – di migranti a bordo.

Non è una trafila lunga, ma ovviamente lo diventa se si tiene presente il traffico che passa dal Brennero: 40.000 veicoli al giorno in condizioni normali, circa 80.000 nei giorni di punta. Ma se vogliamo restringere l’osservazione ai soli camion, è stata calcolato che in una giornata normale, senza considerare le ore notturne, dal Brennero ne passa uno ogni sette secondi. Fermane uno per 10-15 minuti e alle sue spalle si crea un ingorgo di dimensioni gigantesche. E così rallenta, sarà il caso di ricordarlo, la fetta più pesante e quasi esclusiva di quei 50 miliardi di euro che genera il nostro export verso la Germania.

Il già citato Baumgartner, che oltre a presiedere Anita è anche amministratore delegato di Fercam (azienda con base a Bolzano, ma attiva anche tramite filiali in tutta Europa) stima che un «camion fermo costa all’azienda circa 60 euro l’ora, quindi, con un ritardo di sole due ore possiamo supporre un aumento dei noli del 10% che ricadrà senza dubbio sui costi».

Elmar Morandell, il titolare della EMT Transport di Caldaro (BZ) ma che dispone anche di una filiale a Colonia (Germania), ha quantificato che un’ora in più trascorsa da un’autista in attesa di spostarsi dall’Italia alla Germania porta un aggravio di almeno 280 euro di oneri supplementari.

Secondo i calcoli del Corriere della Sera la chiusura del Brennero, se anche comportasse un allungamento dei tempi di attesa soltanto di mezz’ora, peserebbe sul made in Italy per circa un milione al giorno. Più che un peso, un sovraccarico…

Redazione
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La redazione di Uomini e Trasporti

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