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Cosa rimane degli impegni di un governo quando se ne nomina uno nuovo

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C’è crisi di governo e si attende la formazione di un nuovo esecutivo. E la cosa avviene proprio mentre governo e associazioni di categoria dopo mesi di stasi avevano ripreso a frequentarsi e a cercare di dare attuazione agli impegni assunti nel protocollo di fine novembre. La domanda, allora, diventa questa: quanto le promesse di un governo che lascia impegnano il governo che arriva?

Una domanda a cui Silvio Faggi, segretario di Fiap, risponde con olimpica serenità: «È prassi consolidata – ricorda – che i governi successivi rispettino gli impegni assunti dai loro predecessori».

C’è un però. E lo esprime chiaramente il presidente di Fai-Conftrasporto, Paolo Uggè: il rischio non è tanto quello del disconoscimento degli impegni assunti, quanto quello dell’«allungamento dei tempi» e di «nuove discussioni», perché «quando un nuovo uomo di governo si insedia prima che riesca a entrare nei meccanismi devono trascorrere (nel caso sia uno sveglio) almeno sei/otto mesi». Ed ecco perché lo stesso Uggè auspica che si arriva a «riconfermare gli attuali vertici del dicastero».

Ma quali sono i problemi rimasti in sospeso? Il principale, secondo Claudio Donati, segretario generale di Assotir, è quello dei «controlli in materia di tempi di pagamento e costi minimi di sicurezza», più ancora della questione dei pedaggi, sulla quale «le maggiori associazioni dell’autotrasporto» si sono «impegnate in una polemica che, all’esito, possiamo definire surreale». Ma proprio controlli e pedaggi – insieme alla questione siciliana – sono i temi «caldi» che il governo uscente lascia al suo successore.

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