Sanzione pesante da quasi 6.000 euro e ritiro della patente. Ma la punizione più dura per l’autista che ieri è stato fermato dalla polizia stradale di Crema vicino a Soncino (Cremona) è stata forse la denuncia penale. La ragione di tutte queste “punizioni”? Sempre la stessa: guida con cronotachigrafo “bloccato” attraverso il ricorso a un magnete. Anche noto come “calamita”. Senonché, come capita ormai sempre più spesso, anche questo distaccamento di polizia giudica tale manomissione del cronotachigrafo una “rimozioneì dolosa di strumenti finalizzati alla sicurezza sul lavoro”, reato previsto dall’art. 437 del codice penale e punito con la reclusione da 6 mesi a 5 anni. E nel caso in cui dalla manimissione dovesse effettivamente scaturire un incidente, allora la pena può arrivare fino a un massimo di 10 anni.
Contestualmente, in genere, si fa partire anche la segnalazione all’ispettorato del lavoro per le indagine presso l’azienda proprietaria del veicolo.
Cosa vuol dire tutto ciò? Molto semplicemente che la polizia attiva il magistrato rispetto a quella che considera una “notizia di reato”. Dopo di che se il magistrato, in sede di udienza preliminare, considera che tale comportamento abbia effettivamente rilevanza penale, allora rinvia l’imputato a giudizio. Nel senso che fa iniziare il processo per valutarne le responsabilità. In caso contrario archivia il tutto.
Statisticamente, almeno allo stato attuale, la maggior parte dei magistrati si esprime in questi casi con una sentenza di non luogo a procedere, vale a dire archivia il tutto senza dar corso al processo.