Quando in televisione non c’è nulla di nuovo, spesso si torna a vedere qualcosa di già visto. È la descrizione di quanto avviene in queste settimane nell’autotrasporto. Da Roma, e più precisamente dal ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, tutto tace. Le associazioni di categoria – inizialmente soltanto Unatras, poi con l’adesione di altre sigle quale Anita, Fedit e Alleanze per le Cooperative – hanno scritto al ministro Graziano Delrio (ma in precedenza anche a Lupi e, nel corso dell’interim di dieci giorni, a Renzi) per chiedere un incontro urgente, ma ad oggi non hanno ricevuto risposta.
E in questo contesto arriva puntuale l’offensiva contro le normative che, per tutelare della sicurezza stradale, offrono un apperente sostegno all’autotrasporto. Appunto: un film già visto. Stavolta ad assumere il ruolo di protagonista è Federdistribuzione, l’organismo che riunisce alcune associazioni di utenti della Grande Distribuzione, che ha presentato un ricorso al TAR contro la pubblicazione dei costi di esercizio da parte del ministero delle Infrastrutture e Trasporti. A darne notizia dal proprio commento settimanale on-line è il presidente di Fai-Conftrasporto Paolo Uggè, il quale spiega che Unatras, come parte interessata, ha ricevuto notifica del ricorso.
La giustificazione del ricorso – detta in sintesi – sarebbe la stessa già utilizzata in passato, all’epoca in cui si puntava l’indice contro l’Osservatorio, accusandolo di avere interesse di parte (in quanto ente non terzo) nella definizione dei costi minimi di sicurezza. Da parte di chi presenta il ricorso si sosterebbe, in pratica, che se anche l’Osservatorio non c’è più e se anche al momento attuale a definire i costi di esercizio c’è un ente pubblico (quale appunto il ministero), la metodologia utilizzata è sempre la stessa. Cambiano cioè le persone, ma non la tecnica di conteggio.
Al ministero, sul cui sito vengono pubblicate le tabelle della discordia per attuare una legge dello Stato (la legge di Stabilità 2015), ritengono che il loro operato vada esattamente nella direzione indicata dalla Corte di Giustizia europea. Ma per adesso non esistono dettagli precisi per entrare nel merito della questione.
Tanto – è certo – di questa vicenda torneremo ancora a parlare.