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Carenza di chip, l’ACEA suona l’allarme: l’Europa rischia lo stop delle linee produttive

La scarsità di chip per l’automotive non è un fenomeno lontano: è qui, dietro l'angolo, e sta suonando un «allarme rosso». Prova ne sia che ACEA, l'associazione dei costruttori di veicoli, avverte che interruzioni immediate nelle linee produttive europee sono possibili a causa del blocco dei fornitori chiave

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Il cuore della nuova crisi ha un nome: Nexperia, produttore olandese di proprietà cinese, fornitore silenzioso ma essenziale di transistor, diodi e MOSFET, componenti minuscoli che fanno girare centraline e sistemi ADAS dei veicoli. Piccoli, ma indispensabili: senza di loro, molte ECU (Electronic Control Unit) restano spente.

A fine settembre 2025, il governo dei Paesi Bassi ha preso il controllo temporaneo di Nexperia, sospendendo il CEO e bloccando trasferimenti di asset o tecnologia all’estero. Motivazione ufficiale: «gravi carenze di governance» e rischio di compromettere know-how tecnologico europeo. Pechino ha reagito imponendo restrizioni all’export dei chip prodotti in Cina, aggravando immediatamente la scarsità di componenti in Europa.

Sigrid de Vries, direttore generale dell’ACEA, non nasconde l’urgenza: «Le forniture stanno già rallentando e alcune parti non arrivano più. Gli stop sulle linee produttive potrebbero essere questione di giorni. Serve una soluzione diplomatica rapida».

Il problema non è solo industriale, ma geopolitico. Gli Stati Uniti, preoccupati per l’accesso alle tecnologie avanzate, hanno già inserito la capogruppo cinese Wingtech nella propria Entity List, complicando ulteriormente la catena di approvvigionamento. L’Europa, pur cercando di proteggere le proprie competenze, resta intrappolata tra due potenze tecnologiche: da una parte Washington, dall’altra Pechino.

Le conseguenze per i produttori europei sono già tangibili. Alcuni stabilimenti in cui si producono vetture hanno iniziato a ridurre l’attività, ma nel settore dei veicoli commerciali leggeri e dei camion, la situazione non è diversa: le forniture rallentano, i costi dei chip aumentano fino al 15% e i lanci di nuovi modelli potrebbero essere posticipati. Versioni “ridotte” dei veicoli, con meno optional digitali, non sono un’ipotesi remota, ma una misura già al vaglio.

Il caso Nexperia mostra che la «guerra dei chip» non è più un problema di produzione industriale: è una partita di sovranità tecnologica. Ogni tensione diplomatica si traduce in ritardi sulle linee, costi extra e minori consegne. E mentre la Commissione Europea accelera i piani del Chips Act per incentivare la produzione locale, i costruttori dovranno convivere con una nuova normalità fatta di intermittenze, aumenti di prezzo e rischi industriali sempre più legati alla geopolitica globale.

In breve: la crisi dei chip non è più lontana. È qui. E chi sperava di aver imparato la lezione del 2021, quando la pandemia aveva messo a nudo le fragilità della supply chain, potrebbe trovarsi di nuovo in coda… questa volta, senza scuse sanitarie, ma con diplomazia, politica e microchip come protagonisti assoluti.

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