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Exor valuta la cessione di IVECO: l’indiana Tata tra i possibili acquirenti

Exor, cassaforte finanziaria della famiglia Agnelli, avrebbe aperto trattative per cedere il pacchetto di maggioranza (27%) di IVECO. A farsi avanti sarebbe stata Tata Motors, la principale azienda automotive indiana che ha in pancia marchi come Land Rover e Jaguar. Dalla vendita resterebbe escluso il segmento «difesa». I sindacati mostrano preoccupazione per il destino dei 14mila dipendenti italiani. Ma intanto il titolo vola in borsa

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Solo un mese fa a Torino sono stati festeggiati in pompa magna i primi 50 anni del Gruppo “pesante” dell’ex Fiat, con una serie di edizioni speciali e di nuove versioni elettriche. Adesso, dopo anni di riorganizzazione interna, di spin-off strategici e di dosi massicce di efficienza, IVECO torna al centro delle cronache finanziarie. Secondo quanto riportato dall’agenzia Reuters, la storica azienda produttrice di camion, veicoli commerciali, autobus e motori sarebbe nuovamente in vendita. A valutare la cessione sarebbe Exor, la holding della famiglia Agnelli-Elkann che detiene oltre il 27% del capitale del gruppo (altre quote minori sono in mano a fondi quali Acadian Asset Management con il 3,68% e Norges Vabk con il 3,65%) e che già in passato aveva cercato interlocutori interessati, senza arrivare a un accordo definitivo.

Nel 2021, infatti, fallì il negoziato con il colosso cinese FAW, complicato dalla presenza nel perimetro di IVECO di asset strategici nel settore della difesa. Oggi il contesto è diverso, ma ha fatto tesoro di quella vicenda. Tra i potenziali acquirenti indicati dalle indiscrezioni spunta un nome importante: Tata Motors, gigante indiano noto per avere in portafoglio i prestigiosi marchi Jaguar e Land Rover e legato in passato al mondo Fiat tramite collaborazioni industriali nel comparto dei motori diesel Multijet in India. Dalla sua prospettiva, IVECO potrebbe costituire l’opportunità con cui rafforzare la propria presenza nel segmento dei veicoli commerciali pesanti in Europa e oltre.

Al momento nessuna delle parti ha rilasciato dichiarazioni ufficiali. Né Exor, né Tata, né la stessa Iveco hanno confermato o smentito le voci. Ma la notizia ha immediatamente innescato reazioni, sia sul fronte dei mercati finanziari sia sul piano sindacale e politico.

Alla diffusione delle voci di possibile vendita del pacchetto di controllo della società, il titolo IVECO ha registrato un’impennata in Borsa, con un rialzo dell’8,32%, chiudendo a 16,6 euro. Un segnale evidente del fatto che gli investitori credono in una valorizzazione del gruppo o in un rilancio attraverso una nuova proprietà. L’interesse di un player industriale solido come Tata Motors, peraltro, viene interpretato come una garanzia di continuità, ma resta l’incognita sulle eventuali ricadute occupazionali e industriali in Europa.

Il nodo della Difesa

Tra gli aspetti che rendono questa trattativa particolarmente delicata c’è la divisione Iveco Defence Vehicles, che produce mezzi militari e veicoli blindati. L’azienda aveva già annunciato lo scorporo di questa business unit, che sarà oggetto di una cessione separata e, quindi, questo settore rimarrebbe fuori dalla trattativa con Tata. Tra i soggetti interessati figurano grandi nomi del comparto: l’italiana Leonardo in cordata con la tedesca Rheinmetall, il consorzio franco-tedesco KNDS, il gruppo ceco CSG e il britannico BAE Systems. La presenza di tecnologie sensibili legate al comparto militare ha già in passato rappresentato un ostacolo alla trattativa con i cinesi, ed è prevedibile che anche oggi sarà oggetto di forte attenzione da parte delle autorità italiane ed europee. Anche se ovviamente in questa cessione aleggia la prospettiva del golden power, quel «potere speciale» che il governo italiano può esercitare rispetto a operazioni strategiche per la sicurezza nazionale (legate quindi a settori strategici come difesa, energia e telecomunicazioni), imponendo limiti o condizioni alle acquisizioni da parte di soggetti esteri. E quindi una tale prospettiva potrebbe far orientare l’ago della bilancia verso aziende italiane.

Le cautele dei sindacati

La notizia di una possibile vendita ha immediatamente mobilitato i sindacati del settore metalmeccanico. Fim-Cisl, Fiom-Cgil, Uilm-Uil, Fismic-Confsal, UglM e AqcfR hanno scritto al ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso per chiedere l’apertura urgente di un tavolo di confronto con il governo, per garantire che eventuali passaggi di proprietà non si traducano in tagli occupazionali o chiusure di stabilimenti. IVECO, infatti, dà lavoro a oltre 36.000 persone nel mondo, di cui ben 14.000 solo in Italia, con siti produttivi strategici come quello di Torino, dove si trova anche la sede operativa.

«È fondamentale – sostengono i sindacati – che il governo italiano tuteli la filiera industriale e tecnologica nazionale. Chiediamo che venga valutata l’attivazione del golden power per proteggere un asset così rilevante per il nostro sistema produttivo».

E Maurizio Oreggia, coordinatore nazionale automotive per Fiom-Cgil, ha fatto presente come, «mentre la proprietà con le vendite moltiplica i risultati finanziari, l’Italia si impoverisce economicamente e industrialmente con effetti drammatici sull’occupazione. Non permetteremo lo smantellamento del sistema industriale nel nostro Paese e lo contrasteremo con tutti i mezzi a nostra disposizione».

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