Vi ricordate nel 2021 quando il mondo si apprestava a uscire dalla pandemia? Esattamente in quel momento il sistema di produzione dei microchip mostrava delle crepe e lasciava a secco molti forniture industriali. Oggi quelle crepe riemergono e si fanno nuovamente sentire nell’intero settore automotive, seppure con un contorno diverso. Meno legato al Covid e più aggrappato ai nervi geopolitici dell’economia globale.
Gli stabilimenti europei in cui si producono veicoli segnalano da settimane problemi di approvvigionamento di chip discreti – transistor, diodi, MOSFET — vale a dire componenti minuscoli ma necessari in ogni sistema elettronico del veicolo, da quello che controlla il motore a quelli che fanno funzionare i sistemi ADAS, peraltro resi obbligatori su camion e van in tempi recenti, determinando quindi un ulteriore incremento della domanda. Ma questo è un dettaglio. Il centro della nuova tempesta, infatti, è altrove e ha un nome preciso: Nexperia, produttore olandese (ma di proprietà cinese) considerato uno dei fornitori fondamentali per l’industria dei semiconduttori automotive. Ma è possibile che una singola impresa possa determinare cotanto? Per poter rispondere a questa domanda è bene fare un passo indietro per tracciare un contesto più ampio del problema.
Filiera fragile: nodi produttivi e concentrazione
La supply chain dei semiconduttori automobilistici non si è mai del tutto ripresa dalla crisi esplosa durante la pandemia. All’epoca, i lockdown e il crollo della domanda di auto spinsero i produttori di chip a dirottare capacità produttiva verso smartphone e computer. Quando l’automotive tornò a chiedere volumi, trovò le fabbriche piene.
A quel punto emerse una realtà che molti ignoravano: la maggior parte dei chip usati nelle auto non è prodotta con tecnologie di ultima generazione, ma con nodi maturi, vecchi ma estremamente affidabili, di cui il mondo possiede pochi impianti e nessun ricambio rapido.
Cinque anni dopo, la situazione è peggiorata. Gli stessi impianti (soprattutto in Asia) restano saturi e ogni perturbazione si ripercuote immediatamente su milioni di veicoli.
Nexperia, il fornitore silenzioso
E allora entra in scena Nexperia, un’azienda che fornisce miliardi di semiconduttori all’anno destinati a moduli di potenza, illuminazione, centraline, gestione della batteria. È un attore spesso invisibile ma indispensabile perché, come detto, senza i suoi transistor molte ECU (Electronic Control Unit) non si accendono. Ma fin qui nulla di strano. Il fatto assolutamente straordinario è un altro: a fine settembre 2025, il governo dei Paesi Bassi ha assunto il controllo temporaneo di Nexperia invocando la Goods Availability Act, una legge d’emergenza che consente di bloccare decisioni aziendali ritenute pericolose per la «sicurezza economica nazionale».
Motivo ufficiale: «gravi carenze di governance» e il rischio che la proprietà cinese della società potesse compromettere la continuità produttiva e la tutela del know-how tecnologico europeo.

In pratica, lo Stato olandese ha commissariato Nexperia, sospendendo il CEO Zhang Xuezheng e vietando trasferimenti di asset o di tecnologia all’estero. Non è una vera nazionalizzazione — il capitale resta cinese, attraverso il gruppo Wingtech Technology — ma un controllo statale di fatto sulle decisioni strategiche.
Pochi giorni dopo, Pechino ha reagito: il ministero del Commercio cinese ha imposto restrizioni all’export per alcune componenti prodotte da Nexperia in Cina, accusando i Paesi Bassi di «rapina legale».
Risultato: i flussi logistici tra Europa e Asia si sono interrotti e i produttori automotive europei hanno iniziato a fare scorta o a cercare disperatamente alternative.
Il riflesso americano e l’ombra lunga di Washington
Dietro la mossa olandese, sostengono fonti diplomatiche, ci sarebbero anche pressioni statunitensi. Già nel giugno 2025, funzionari USA avevano avvertito l’Aia che mantenere un manager cinese al vertice di un’azienda con accesso a tecnologie occidentali poteva compromettere le licenze di esportazione concesse a Nexperia.
Gli Stati Uniti, da anni impegnati in una guerra tecnologica contro Pechino, hanno infatti inserito la capogruppo Wingtech nella propria Entity List (un elenco di persone, aziende, istituzioni e organizzazioni straniere che il governo degli Stati Uniti considera una minaccia alla sicurezza nazionale; l’inserimento nella lista impone restrizioni e requisiti di licenza specifici per l’esportazione, la ri-esportazione e il trasferimento di determinati beni e tecnologie dagli USA), limitando l’accesso a software e macchinari americani per la produzione di semiconduttori.
L’intervento olandese è stato dunque anche una mossa per preservare l’accesso dell’Europa alla tecnologia americana, fondamentale per produrre chip. Ma, paradossalmente, la decisione ha innescato un effetto collaterale immediato: la Cina ha chiuso i rubinetti verso l’Europa, aggravando la scarsità di componenti automotive.
Dalla geopolitica alle fabbriche
Le conseguenze si vedono già sulle catene di montaggio. Infatti, anche nel settore dei veicoli da trasporto — sia van, sia camion — i chip Nexperia sono usati da numerosi produttori di componentistica, quali Bosch e Continental. Questi poi riforniscono di sistemi elettrici i grandi costruttori. Ma se i chip non arrivano le forniture rallentano e la produzione scarseggia. Prova ne sia che proprio oggi Il Sole 24 Ore riporta la notiziache Volkswagen starebbe chiudendo alcuni stabilimenti in cui produce la Golf e la Tiguan. Quindi vetture e non van. Ma è evidente che lo stesso problema potranno percepirlo anche altri stabilimenti e case costruttrici diverse. Il problema è che le aziende che producono componentisti e integrano i componenti Nexperia nei loro moduli elettronici, non possono sostituirli dall’oggi al domani: ogni alternativa richiede mesi di qualifiche e test per garantire l’affidabilità automotive. Lo ha detto chiaramente Sigrid de Vries, direttore generale dell’ACEA, sottolineando che se anche le case abbiano «adottato misure negli ultimi anni per diversificare le catene di approvvigionamento, il rischio non può essere mitigato a zero». E quindi siamo davanti a «un problema interindustriale che – ha detto a chiare lettere – colpisce un gran numero di fornitori e praticamente tutti i nostri membri. Ci troviamo improvvisamente in questa situazione allarmante. Abbiamo davvero bisogno di soluzioni rapide e pragmatiche da tutti i paesi coinvolti».
Tutto quindi lascia presagire, come dicono gli esperti, che la carenza presto si trasformi in una nuova ondata di stop&go produttivi, simili a quelli del Covid, ma privi di quella giustificazione.
Effetti a catena: meno veicoli, più costi, versioni “ridotte”
I primi sintomi sono già visibili sul mercato. Da alcuni riscontri sembra evidente che le consegne siano promesse già con tempistiche più lunghe, anche di un paio di mesi. Senza considerare che per trovare soluzioni alternative bisognerà spendere in costi di approvvigionamento elettronico circa il 15 % in più. Qualcuno ipotizza pure che le versioni maggiormente accessoriate potrebbero essere contenute con una riduzione degli optional digitali o dei moduli telematici.
Addirittura alcuni costruttori starebbero valutando di posticipare il lancio di nuove gamme di veicoli commerciali leggeri previsti per il 2026, concentrandosi sui modelli a maggior margine o destinati a flotte aziendali già contrattualizzate.
Una crisi politica travestita da crisi industriale
Il caso Nexperia dimostra come la «guerra dei chip» sia ormai una partita di sovranità tecnologica. Gli Stati Uniti vogliono mantenere il controllo sulle tecnologie avanzate; la Cina punta a diventare autosufficiente; l’Europa tenta di proteggere le proprie competenze, ma rimane dipendente da entrambi.
Nel mezzo, l’automotive – con i suoi milioni di veicoli e le sue catene di fornitura lunghe – è il primo settore a pagare il prezzo. Ogni tensione diplomatica si traduce in settimane di ritardo e in milioni di euro di costi.
E adesso? Le possibili prospettive
Gli analisti prevedono che, se i Paesi Bassi non troveranno un accordo con Pechino entro fine anno, la disponibilità di chip Nexperia potrebbe ridursi fino al 40 %.
Le case europee stanno già chiedendo a fornitori alternativi — On Semiconductor, Infineon, STMicroelectronics — di aumentare la produzione, ma i tempi di qualifica restano lunghi.
Nel medio periodo, la Commissione Europea potrebbe accelerare i piani del Chips Act per incentivare la produzione locale di semiconduttori maturi, quelli cioè più usati nell’automotive. Ma nel frattempo, i costruttori di van e camion dovranno convivere con una nuova normalità fatta di carenze intermittenti, prezzi in salita e un rischio industriale sempre più legato alla geopolitica globale.