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Un’altra goccia della crisi del Mar Rosso: a rischio la disponibilità di gasolio

Da quando venerdì scorso una nave cisterna è stata attaccata e colpita dagli Houthi, i flussi di gasolio in transito da Suez si sono ridotti di due terzi. Non sono scomparsi, ma sono in navigazione verso il Capo di Buona Speranza e quindi arriveranno in ritardo di qualche settimana rispetto al previsto. Ma siccome nello stesso lasso di tempo molte raffinerie europee dimezzano la produzione per i tradizionali lavori di manutenzione, di gasolio in giro ce ne sarà meno. E con ogni probabilità costerà di più

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C’è un momento della crisi del Mar Rosso destinato a intaccare il quotidiano delle aziende di autotrasporto. Di tutte, non soltanto di quelle che lavorano con i container. Si tratta del momento in cui venerdì scorso, 26 gennaio, è stata attaccata dagli Houthi ed è in seguito andata a fuoco la nave cisterna Marlin Luanda. Era carica di gasolio e appartiene a Trafigura, importante commerciante globale di materie prime. Nave ed equipaggio – diretti a Singapore dalla Grecia – in realtà si sono salvati, ma da quel momento, vale a dire nell’arco di meno di una settimana, anche le navi che trasportano derivati del petrolio – se ne contano almeno un centinaiohanno deciso di allungare le loro rotte andando a circumnavigare l’Africa. Così come, dall’altra parte, le navi cisterna in transito da Suez si sono ridotte di circa due terzi. Con conseguenze analoghe a quelle prese in considerazione rispetto alle portacontainer: se fino alla scorsa settimana una nave cisterna poteva essere reperita sul mercato a un prezzo vicino ai 22 mila euro al giorno, oggi questo prezzo si è moltiplicato per quattro.

Una bolla di quindici giorni nel sistema logistico

Ma i costi sono forse l’aspetto secondario. Almeno da quando l’Ucraina è stata invasa dalla Russia (che era la nostra principale fonte di approvvigionamento), l’Europa riceveva dall’Asia circa il 40% del carburante utilizzato – almeno al momento attuale – dalla quasi totalità dei camion. Tutto ciò significa che ci sarà un considerevole quantitativo di carburante – all’incirca 56 milioni di barili sia di prodotto greggio, sia già raffinato – che arriverà con un paio di settimane di ritardo rispetto alla normale domanda. Nel flusso logistico, cioè, si è creata una bolla. In pratica, è come se l’acqua uscisse dal lavandino dopo qualche ora rispetto a quando lo avete aperto. 

La stagione delle manutenzioni delle raffinerie

Ma non basta. Perché come emerge da un rapporto di Gibson, citato opportunamente da Sissi Bellomo sul Sole 24 Ore di stamattina, negli Stati Uniti e in Europa sta per iniziare la stagione delle manutenzioni delle raffinerie. Cosa che avviene in genere e per lo più tra febbraio (negli Usa) e marzo (nel vecchio continente). Anzi, la Shell, la principale raffineria europea con sede in Olanda, è già partita con la manutenzione e fino a metà aprile funzionerà con una capacità produttiva dimezzata

Problemi e conseguenze: disponibilità e prezzi

Una situazione che determina a cascata due problematiche: 

  • da una parte, c’è quella relativa alla disponibilità di gasolio che, almeno in una fascia temporale precisa, sarà drasticamente ridotta e, di conseguenza, potrebbe spingere in alto il prezzo del carburante. Insomma, si potrebbe innescare un processo analogo a quello che si avviò dopo il 24 febbraio 2022, dopo l’invasione russa dell’Ucraina;
  • dall’altra, si pone il problema di diversificare le fonti da cui attingere, perché con la Russia fuori gioco (almeno in via diretta), con l’India che aveva già drasticamente ridotto già prima della guerra di Gaza le esportazioni di carburante e più in generale con i flussi asiatici dimezzati rispetto allo scorso anno (rispetto cioè a quel ricordato 40%), stanno aumentando in maniera considerevole le importazioni dagli Stati Uniti. Pensate che, secondo una stima Kpler citata dal Sole 24 Ore, a gennaio, con 9,3 milioni di barili, il gasolio statunitense ha raggiunto una percentuale di copertura del mercato del 36%, quando soltanto qualche mese fa non andava oltre a un 15-20%.

Insomma, il mondo cambia. E lo farà ancora, ma soprattutto in maniera sempre più rapida.

Redazione
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La redazione di Uomini e Trasporti

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