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Gli investimenti cinesi nella nuova Via della Seta spezzano l’Europa: Sud favorevole, Nord contrario

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Scricchiola l’Europa della logistica. Scricchiola sotto i colpi miliardari della potenza cinese. Colpa in particolare della Belt & Road Initiative (Bri), ossia la strategia lanciata dalla Cina per la crescita commerciale, finalizzata ad aprire una nuova Via della seta tra Far East ed Europa, valorizzando, tra l’altro, rotte e porti mediterranei. Una strategia che in Cina contano di realizzare mettendo sul piatto una cifra che, secondo le stime degli analisti, sarebbe di gran lunga superiore ai 1.000 miliardi di dollari d’investimenti, interessando un numero di paesi non ancora completamente chiaro, ma comunque superiore ai 50. E moltissimi di questi paesi sarebbero proprio dell’area meridionale dell’Europa o, in parte, anche nel Nord Africa e in Medio Oriente. Anzi, dietro questa direzione verso cui si stanno convogliando gli investimenti cinesi, qualcuno in Europa legge una precisa strategia. Vediamo di capire quale.

Già attualmente la Cina ha investito, negli ultimi 18 mesi, più di 3,7 miliardi di dollari in un lungo elenco di porti. Ad Haifa, in Israele, Shanghai international port group ha acquisito la concessione del porto per 25 anni. Ad Ashdod, sempre in Israele, la China harbour engineering sta tirando su un terminal container che dovrebbe entrare in attività nell’arco di 3-4 anni.

Ad Ambarli, in Turchia, Cosco Pacific, China merchants holdings international e Cic capital corporation, unite in una joint venture che (non a caso) si chiama Euro-Asia Oceangate, ha rilevato il 65,7% del terminal. Mentre in Spagna l’onnipresente Cosco detiene il pacchetto di maggioranza della Noatum ports holding, che ha in pancia i terminal container di Bilbao e Valencia. E poi c’è il Pireo, in Grecia, dove gli investimenti di Cosco stanno lievitando. Il porto di Shanghai, vale a dire l’entità economica che movimenta il 25,7% dei traffici internazionali della Cina, ha firmato la scorsa settimana ad Atene due memorandum con l’Autorità Portuale del Pireo, il cui azionista di maggioranza è sempre Cosco. E questo accordo – è stato detto ufficialmente – rientra proprio nell’ambito della Nuova Via della Seta e farà del Pireo il punto di arrivo di quantità enormi di merci. E per la Grecia questa potrebbe diventare una grande opportunità, così come potrebbe diventarlo per l’Italia se i cinesi, dopo aver investito a Savona-Vado dovessero proseguire puntando verso Genova e Trieste che servono proprio come porti di accesso verso l’Europa centro-settentrionale. A maggior ragione lo scalo giuliano, dopo l’apertura del porto franco. Ed ecco perché anche su questo piano potrebbe crearsi in Europa una qualche frattura. Anzi, all’interno dell’Unione europea è tangibile il clima di diffidenza che sta montando, soprattutto all’interno dei paesi del Nord, anche perché se la Cina privilegiasse i porti del Mediterraneo (e in parte del Nord Africa) in questa strategia di collegamenti, forse riuscirebbe a scalfire quel predominio commerciale dei porti del Mare del Nord che la concorrenza interna al continente non ha mai nemmeno lontanamente interessato. E ovviamente questa prospettiva non piace al di sopra delle Alpi.

Anche se, a dirla tutta, la Cina non intende propriamente gestire terminal, ma creare canali commerciali di sfogo per produzioni che, si dice, potrebbero essere installate anche lungo la stessa Via della Seta. E quindi non le interessa entrare in questa competizione. Anzi, la spezza alla radice – diciamo così – a modo suo. Lo dimostrano gli investimenti che, oltre ai numerosi a Sud, stanno facendo anche a Nord dell’Europa. Poco più di un anno fa, per esempio, la Cosco aveva “fatto spesa” a Rotterdam per mettersi in tasca il 35% di ETR Euromax Terminal per 125,4 milioni di euro. Ma già da più di una decina di anni ad Anversa aveva rilevato il 20% del terminal Antwerp Gateway. E appena la scorsa settimana la gara bandita dal porto di Amburgo per realizzare un terminal container in un’area di 42 ettari con la possibilità di ancoraggio per tre navi a Steinwerder-Süd e a Oderhafen è stata vinta dal consorzio China Communications Construction Company (CCCC), quotato alla borsa di Pechino (entra peraltro nella classifica delle prime 500 maggiori aziende al mondo) e all’interno del quale hanno investito Jack Ma, il miliardario fondatore di Alibaba. Mentre la società madre è la ZPMC, leader mondiale nella produzione di gru per container.

Insomma, il mondo evolve, il pianeta si muove e anche l’Europa non può più rimanere ferma. Sempre che dimostri di saper camminare…

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