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I (pochi) trasporti nel contratto di governo giallo-verde

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Parla poco di trasporto merci il contratto di governo elaborato da Matteo Salvini e Luigi Di Maio e manifesto programmatico del nascente esecutivo guidato da Giuseppe Conte. E quando ne parla fa soprattutto riferimento al trasporto intermodale, dove però le due modalità da far dialogare sono mare e ferrovia. In compenso ci sono molti riferimento alle infrastrutture, alla sicurezza stradale, ai veicoli ecologici. Vediamo a che proposito. 

Rispetto all’intermodalità nel documento si legge che bisogna «investire risorse adeguate per attrezzare i nostri porti con aree retro portuali capaci di garantire lo sdoganamento delle merci in loco, che devono poi essere trasportate grazie all’alta portabilità nelle destinazioni finali. I principali porti italiani debbono avere lo status di porti gateway (aree di sdoganamento merci) e non porti transhipment (di solo passaggio tra una nave e l’altra). Uno status fortemente pregiudicato dalla recente legislazione sul riordino portuale». Misure di sostegno vengono poi previste per l’intermodalità ferroviaria delle merci, ma anche per la ferrovia a servizio dei pendolari. 

Per quanto riguarda invece la sicurezza stradale, nel contratto è stato previsto che «è necessario l’aumento delle risorse per il piano nazionale di sicurezza stradale, nonché la verifica dell’efficacia degli interventi attraverso le Regioni». Ma soprattutto si sottolinea che c’è necessità di «implementare i controlli con necessarie limitazioni sulle patenti straniere» e «prevedere, in aggiunta ai sistemi punitivi (ad esempio, punti patente), un sistema di premialità per chi non commette infrazioni alla guida (ad esempio, sconti sull’assicurazione RC, sconto sul bollo auto)».

Ma l’enfasi maggiore nel documento la si trova quando si parla di ambiente e di inquinamento atmosferico. Per evitarlo, ma anche per «prevenire misure sanzionatorie da parte dell’Unione Europea», il nuovo governo vorrebbe puntare alla «riduzione dell’utilizzo di autoveicoli con motori alimentati a diesel e benzina, al fine di ridurre il numero di veicoli inquinanti e contribuire concretamente al conseguimento e miglioramento degli obiettivi contenuti nell’accordo di Parigi». A questo scopo viene proposto un piano di incentivi per favorire l’acquisto di veicoli ibridi ed elettrici a fronte della rottamazione di uno più inquinante. Viene anche proposto un piano per la diffusione delle ricariche elettriche insieme ad altri meccanismi premiali per l’incentivazione dei mezzi a bassissime emissioni, applicando la regola comunitaria del “chi inquina paga”. Spazi pubblici per aiutare il diffondersi del bike e car sharing e in generale a sostegno dell’intermodalità degli spostamenti delle persone. 

Rispetto alle Infrastrutture, infine, si è molto parlato nei giorni scorsi della riconsiderazione della Tav Torino-Lione, che avrebbe scatenato anche polemiche con la Francia. Nelle ultime ore però starebbe maturando l’ipotesi di un avvicendamento, nel toto ministri, tra Cinque Stelle e Lega e sta diventando concreta l’ipotesi di affidare il ministero di Piazza di Porta Pia a Giuseppe Bonomi, vale a dire un uomo di opere pubbliche, che vanta un passato come presidente di Alitalia tra il 2003 e il 2004 e alla fine del 2006 a capo degli Aeroporti di Milano. Ma ovviamente si tratta di indiscrezioni, anche perché oggi il cammino politico del presidente incaricato Giuseppe Conte non sembra aver fatto molta strada. Anzi, delle due, sarebbe tornato di qualche metro indietro, perché diventa sembra più insormantabile lo scoglio relativo al ministero dell’Economia. La Lega come si sa vorrebbe affidarlo a Paolo Savona, ma il nome, posto senza alternative, non sarebbe gradito al Quirinale. Si sta così creando uno stallo che al momento attuale è lontano dall’essere sciolto.

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