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IMU: muore sulle prime case, resta in vita (aumentata dell’8,3% dal 2013) sui capannoni

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L’IMU sulle prime case non esiste più. Resiste soltanto quella per gli immobili di pregio (poca cosa: lo 0,36% circa), ma soprattutto quella sui capannoni. Che non è poca cosa. Nel 2012, stando ai calcoli di Confartigianato, le imprese italiane hanno versato 9,3 miliardi di Imu, vale a dire il 39,1% del gettito totale derivato lo scorso anno dall’imposta. Attenzione, però, perché da gennaio 2013 l’imposta municipale sui capannoni delle imprese è più costosa, in quanto l’aumento automatico da 60 a 65 del moltiplicatore da applicare alle rendite catastali per gli immobili produttivi, scattato a inizio 2013, ha fatto lievitare il prelievo Imu dell’8,3%, pari a 491,2 milioni di euro di maggiori tasse.
Ma non è tutto. Perché se è vero che, rispetto all’Ici, l’Imu ha generato un maggiore prelievo fiscale di 14,5 miliardi sui contribuenti, a pagare di più in definitiva sono stati gli imprenditori. Il 50,6% dei Comuni italiani, infatti, ha aumentato l’aliquota base da applicare agli immobili produttivi, il 47,9% ha mantenuto l’aliquota base del 7,6 per mille e soltanto l’1,6% dei Comuni l’ha ridotta: di conseguenza l’aliquota media nazionale applicata agli immobili produttivi è pari al 9,4 per mille, a fronte del valore base del 7,6 per mille.
Proprio sulla base di questi numeri si è detto «deluso» Ivan Malavasi, presidente di Rete Imprese Italia, perché il governo «non ha ritenuto di alleggerire l’Imu alle imprese: non è sicuramente un buon viatico per l’autunno».

Ricordiamo infine che per cercare di bloccare l’Imu sui capannoni, il presidente di Conftrasporto, Francesco Colucci, aveva inviato prima dell’estate una lettera al presidente del Consiglio e ai ministri dei Trasporti e dell’Economia, in cui denunciava tutti gli aumenti ricordati (8,33% dei coefficienti moltiplicatori, da aggiungere al 20% registrato nel 2012 e agli incrementi delle aliquote dei Comuni), facendo anche esempi concreti: «Per un capannone di 2000 metri quadrati a Bologna, un’impresa dovrebbe pagare ben 17.475 euro, ovvero il 96,9,9% in più rispetto a un anno fa». Un aumento giudicato impossibile da sostenere per le imprese di autotrasporto impegnate anche sul versante logistico, anche perché già troppo stremate dalla lunga crisi.

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