Che per i camionisti l’area di sosta rappresenti un problema è evidente. Sui social e nelle conversazioni quotidiane diventa spesso protagonista: i bagni assenti o inadeguati , le soste improvvisate, i servizi mancanti. Per un periodo – e poi per un altro ancora – le toilette rotte sono diventate l’emblema delle condizioni in cui versa una categoria intera. Quella stessa che si muove ogni giorno, ma è costretta a fermarsi in luoghi che negano persino l’essenziale.
Che aspetto ha il disagio?
Non è che, forse, l’area di sosta sia solo il contenitore visibile di frustrazioni più grandi? Lo raccontano i dati raccolti in una serie di sondaggi su Instagram a cui hanno risposto oltre 950 autisti professionisti.
Il quadro che emerge è nitido: le aree di sosta in Italia sono inadeguate per chi lavora su strada. Per chi è obbligato a sostare e si ritrova a fare del momento di pausa l’ennesimo momento di lavoro. Perché, al posto di ricevere servizi, spesso deve arrangiarsi a crearli.
Principali criticità: mancanza di spazi, servizi, sicurezza
Alla domanda «Qual è la principale criti cità delle aree di sosta?», oltre la metà degli intervistati (51%) ha indicato la carenza di stalli disponibili. In un Paese attraversato ogni giorno da una media di 30 mila mezzi pesanti sulle principali direttrici, il problema non è secondario: significa notti passate a cercare parcheggio, soste forzate lungo le corsie di emergenza o nelle piazzole e uno stress costante per far rientrare il tempo di ricerca nelle ore di guida consentite.
Il secondo nodo critico riguarda i bagni assenti o non funzionanti (24%). Seguono la mancanza di sicurezza (14%) e i prezzi eccessivi (11%). Numeri che segnalano una carenza grave di servizi basilari, negati a chi vive la strada. Il disagio non è solo logisti co: è materiale e psicologico, economico e strutturale.

Cosa manca davvero: officine, lavanderie, benessere
Quando si chiede come immaginano un’area di sosta ideale, emergono due priorità nette: officina o assistenza al mezzo (32%) e lavanderia (32%). La quotidianità chiede praticità, servizi concreti e accessibili.
Ma sorprende anche un altro dato: il 22% degli intervistati vorrebbe spazi per il benessere fisico, come palestre o aree relax. Un bisogno che va oltre il corpo, e tocca la sfera della dignità. Solo il 15% chiede «spazi sociali»: forse perché prima di socializzare, serve potersi lavare, riposare, sentirsi al sicuro.
Quasi la metà cambia programma per colpa delle soste
Il disagio non è solo percepito: è agito. Il 47% degli intervistati dichiara di cambiare spesso il proprio programma per colpa di un’area di sosta inadeguata. Il 39% lo fa «qualche volta». Solo il 6% risponde «mai».
Un sistema nato per offrire supporto diventa così un ostacolo alla pianificazione, alla puntualità, alla serenità del viaggio. Il tempo libero si trasforma in tempo di gestione. La sosta, invece di essere ristoro, diventa l’ennesima sfida.

L’Italia fanalino di coda rispetto all’estero
Il confronto con l’estero è impietoso. Il 53% degli intervistati giudica le aree di sosta italiane «decisamente peggiori» rispetto a quelle straniere, mentre il 26% le ritiene «leggermente peggiori». Solo l’8% pensa che siano migliori.
Il divario non è solo infrastrutturale: è culturale. Altrove – in Germania, Francia, Olanda – il camionista è riconosciuto come un lavoratore da rispettare. In Italia, troppo spesso, come un ingombro da gestire.
Progettare il rispetto
Le aree di sosta non sono un lusso: sono un barometro del rispetto che una società dimostra verso chi la mantiene in movimento. Dai sondaggi emerge un bisogno semplice ma profondo: spazi puliti, sicuri, funzionali. Servizi pensati non solo per le esigenze logisti che, ma anche per la cura e la dignità delle persone.
Ciò che serve non è solo un aggiornamento agli standard europei. Serve un cambio di visione. Serve una nuova idea di sosta: non più solo parcheggi, ma luoghi vivi, umani, dove il tempo non sia tempo perso o tempo rubato, ma tempo restituito. Perché il vero viaggio – quello di un Paese che vuole funzionare – comincia proprio da qui: dal modo in cui trattiamo chi non si può permettere di fermarsi troppo a lungo.
Questo articolo fa parte del numero di luglio/agosto 2025 di Uomini e Trasporti: un numero che contiene un’ampia inchiesta sulle aree di sosta per camion.
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