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L’autotrasporto bergamasco non trova autisti: le ragioni di una fuga dalla professione

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Proprio mentre pubblicavamo sul nostro sito la notizia di decine di annunci in tutta Italia di aziende che cercano autisti, anche l’Eco di Bergamo dava voce ad Armando Pugliese, direttore della logistica della Italtrans di Calcinate (BG), che denuncia come l’autotrasporto della provincia lombarda abbia bisogno di 50 autisti all’anno ma fatica a trovarli. Il problema, secondo il manager bergamasco, deriva dall’immagine con cui i giovani guardano a questo lavoro, giudicato pesante e anche troppo poco remunerativo.

D’altra parte non stupisce. Il mestiere di autista è sempre stato difficile e impegnativo, ma fino a qualche anno fa (forse, ormai, decennio), la retribuzione ricevuta compensava in parte i sacrifici. Chi faceva l’autista seriamente e con impegno guadagnava bene, “si faceva una casa”, come si diveva.  Da quando la crisi ha depresso l’economia e il settore, da quando la liberalizzazione all’interno dell’Europa è diventata realtà, da quando è possibile venire a lavorare in Italia da ogni angolo del continente, da quando è possibile per un’agenzia interinale di una qualunque cittadina rumena o bulgara distaccare lavoratori in qualunque paese membro, il costo del lavoro ha avuto una parabola al ribasso. Drastico ribasso: oggi sul mercato ci sono disperati che accettano di lavorare anche per 3-400 euro al mese. E per un giovane, intraprendere una professione difficile e per di più entrare in competizione con chi accetta cifre di questo tipo non può rappresentare una prospettiva allettante.

Ma ci deve essere anche qualcosa di più. Perché se è vero che giovani italiani si tengono distanti da un mercato così depresso, è vero pure che l’iniziativa dell’Albo dell’autotrasporto, sostenuta e voluta dall’UNRAE per formare i giovani alla professione, ha avuto un successo insperato, tanto da costringere lo stesso Albo ad aumentare lo stanziamento di risorse previsto inizialmente. Per quale motivo? Ne abbiamo già parlato: forse in questo caso la bontà dell’iniziativa è stata quella di non concentrarsi sul contingente, di non guardare alle disgrazie dell’oggi, ma di far toccare con mano a tanti giovani che in prospettiva questa professione può essere moderna, così come moderni e tecnologici sono i veicoli e la strumentazione con cui fa entrare in contatto.

Ma c’è anche qualcosa di più. Passi pure che giovani italiani non vogliano fare gli autisti. Passi pure che alcune aziende, come Autamarocchi, fanno una selezione basata non soltanto sull’esperienza professionale, ma anche sulla conoscenza della lingua italiana. Scritta e parlata. Ma è possibile che non esistano giovani rumeni o bulgari, slovacchi o croati disposti a venire a lavorare in Italia in cambio di un contratto a tempo indeterminato? Possibile che neanche per loro sia sufficiente la possibilità di guadagnare 2.200 euro per lavorare nei trasporti internazionali? Evidentemente no. Evidentemente, ormai, anche queste persone hanno cercato e trovato mercati europei migliori del nostrlo. La Polonia, che fino a qualche anno fa, “esportava” autisti, oggi ne cerca con il lumicino. Quelli nazionali li ha reintegrati tutti nelle oltre 160.000 aziende di autotrasporto del paese e adesso li “importa” da Ucraina e Bielorussia. Perché dietro quel paese c’è un settore dell’autotrasporto in costante e imperiosa crescita (praticamente il più forte nel trasporto internazionale), spesso costruita proprio grazie alla retrocessione delle nostre aziende, proprio riuscendo a conquistare quote di mercato a discapito del nostro trasporto. 
Siamo davanti a tempi liquidi, tempi di evoluzione. E il domani, quel domani sul quale peraltro incomberà anche la guida autonoma, almeno per ora è ancora terribilmente difficile da mettere a fuoco

A questo tema, qualche mese fa, più precisamente a luglio, dedicammo un’inchiesta titolata “Cercasi autisti disperatamente”. una panoramica europea che vede una penuria di conducenti. I motivi? Tanti, troppi… (per i non abbonati:  l’inchiesta è allegata)

 

foto di archivio

Allegati

per leggere e scaricare l’inchiesta pubblicata a luglio, clicca qui

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