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Arriva la e-CMR (grazie al Pnrr) anche in Italia entro il 2024

Quattordici anni dopo il varo della digitalizzazione del documento, l’Italia ha ratificato il Protocollo di Ginevra. Permetterà la dematerializzazione dei documenti di viaggio e un controllo più puntuale del cabotaggio abusivo. Ma per sbloccarla c’è voluto il Piano di ripresa e resilienza

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Le tecnologie corrono veloci. E, una volta adottate, permettono di operare ancor più velocemente. Ma, per una sorta di contrappasso, adottare le tecnologie, almeno in Italia, è un  processo lungo, lento e complicato. Lo scorso 17 aprile, il Consiglio dei ministri, ha approvato un disegno di legge di ratifica per l’adozione anche nel nostro Paese della lettera di vettura digitale per l’autotrasporto merci, la cosiddetta e-CMR che dovrà diventare operativa entro il prossimo anno. Sono passati 14 anni da quel febbraio 2008 nel quale alla convenzione internazionale è stato aggiunto, a Ginevra, il Protocollo che permetteva la creazione e la gestione della CMR elettronica. Entrata in vigore tre anni dopo, finora è stata adottata da 30 paesi, ultimo dei quali la Germania.

Essere in buona compagnia, tuttavia, non ci assolve da un ritardo di tre lustri nell’adottare una misura universalmente osannata, perché, come ha ricordato Manuel Scortegagna, vicepresidente di Fedespedi con delega ai trasporti terrestri, «semplifica e velocizza la filiera della logistica, rende più sicuri i documenti di trasporto, rafforza la validità del documento di trasporto anche a fini fiscali e infine favorisce l’interoperabilità dei dati». E il presidente di Alis, Guido Grimaldi, ha aggiunto che «il nostro Paese ha bisogno di un’accelerazione nel percorso di transizione digitale della catena logistica» e che l’arrivo della e-CMR in Italia «rappresenterà un importante passo in avanti per la competitività e l’efficienza delle nostre imprese di trasporto».

Ma la soddisfazione maggiore l’ha espressa Confartigianato Trasporti, una cui impresa associata ha partecipato lo scorso anno alla sperimentazione promossa da Uniontrasporti coinvolgendo quattro aziende, prevalentemente con sede nei pressi del confine e dunque maggiormente toccate dai problemi del trasporto internazionale e dal cabotaggio. Confartigianato ha ricordato per l’occasione che «da anni sollecita il governo sulla ratifica del Protocollo, anche perché l’Italia rimaneva tra gli ultimi Paesi a non averlo ancora fatto rimanendo in posizione di svantaggio competitivo, sia rispetto ai temi della sburocratizzazione e della digitalizzazione sia rispetto alla regolarità del mercato».

Controlli sul cabotaggio

Per essere più espliciti bisogna ricordare che la CMR, acronimo di Convention des Marchandises per Route, è in pratica il contratto di viaggio in cui sono registrati tutti i documenti necessari per un trasporto internazionale (anche se ormai alcuni grandi player, proprio approfittando della sua digitalizzazione, lo usano per comodità anche nei viaggi nazionali, spuntando con un flag sulla stessa schermata il tipo di missione).

La e-CMR, in più, oltre a comportare per gli autotrasportatori una serie di vantaggi, a cominciare dalla dematerializzazione dei documenti con tutte le sue ricadute positive in termini di tempi e di procedure, ne ha anche uno non secondario per il settore: quello di rendere possibili controlli più stringenti sul cabotaggio abusivo. Per fare un esempio, oggi, nell’ambito di un viaggio internazionale sono consentiti tre trasporti nazionali nel paese d’arrivo, ma al rientro in sede il veicolo deve rispettare un periodo di raffreddamento di quattro giorni. La e-CMR registra questi spostamenti, permettendo di riconoscere (a un controllo a posteriori), meglio del tachigrafo che registra (manualmente) i passaggi di frontiera, quando il veicolo ha fatto cabotaggio, se lo ha fatto in modo regolare (molto frequente il cosiddetto «spaccetto», chiamato appunto come l’incarico dato a un garzone in cambio di una mancia) e, soprattutto, ha rispettato il periodo di raffreddamento.

È prevista dal Pnrr

Uno strumento, dunque, utile a contrastare il cabotaggio abusivo, soprattutto per gli autotrasportatori di Paesi come l’Italia che aderiscono alla Road Alliance (insieme a Francia, Austria, Belgio, Danimarca, Germania, Lussemburgo, Norvegia e Svezia) per opporsi a quelli del Patto di Visegrad (Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia e Ungheria) sostenitori del cabotaggio libero, grazie al basso costo del lavoro alla tassazione ridotta e alla contribuzione minima. Uno squilibrio che mina la competitività  del nostro autotrasporto, come quella dei Paesi occidentali dell’Unione.

E allora, perché l’Italia si è mossa soltanto adesso? Probabilmente ha influito il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) diventato ormai una sorta di Bibbia delle riforme da attuare per ottenere i consistenti finanziamenti comunitari. L’introduzione dell’e-CMR, infatti, è prevista tra le riforme richieste per la semplificazione delle procedure logistiche e digitalizzazione dei documenti di trasporto (Misura 3, Componente 2 «Intermodalità e logistica integrata»), nel quadro dell’attuazione del Regolamento Europeo 1056/2020 che disciplina gli standard di interoperabilità per la trasmissione armonizzata a livello europeo delle informazioni relative al trasporto merci. E che il disegno di legge di ratifica figuri al primo posto nel comunicato del Consiglio dei ministri del 17 aprile scorso (con un preciso richiamo al PNRR: «L’adesione al Protocollo costituisce un passaggio necessario per il raggiungimento dell’obiettivo del Piano), sottolinea l’importanza che il governo dà alla misura.

Redazione
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La redazione di Uomini e Trasporti

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