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Decreto Trasporti: le novità relative alla CQC

La novità riguarda essenzialmente la qualificazione e la formazione obbligatoria che vengono provate tramite il codice unionale "95" apposto sulla patente. Prima questa prova era generica, quindi interessava tutti. Adesso si specifica che riguarda esclusivamente le abilitazioni alla guida rilasciate in Italia

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Il decreto Trasporti, com’è stato ribattezzato il Decreto Legge 10 settembre 2021, n. 121 pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 217 del 10 settembre 2021, contiene diverse novità che interessano più o meno direttamente il mondo dell’autotrasporto. Oltre a quella che consente di portare il complesso veicolare trattore-semirimorchio a 18 metri e a quella che consente di effettuare la revisione di rimorchi e semirimorchi anche tramite officine private e non soltanto presso la Motorizzazione, c’è anche quella – presente nell’articolo 1 al comma 5 – in cui si aggiunge un piccolo ma importante chiarimento rispetto alla CQC. E in particolare a quelle acquisite all’estero. Più precisamente, la normativa in questione modifica il decreto legislativo 286/2005 e, quindi, gli aggiustamenti che aveva già ricevuto nel corso del tempo. L’ultimo quello introdotto con il Decreto Legislativo del 10 giugno 2020, n. 50 ed entrato il vigore il 25 giugno 2020 che andava a modificare la disciplina comunitaria sulle patenti di guida e sulla carta di qualificazione del conducente (CQC), rendendo di fatto obbligatoria la qualificazione iniziale e la formazione periodica rispetto al rinnovo della CQC da effettuare ogni cinque anni. Nel decreto si legge testualmente che «ai fini del possesso della carta di qualificazione del conducente da parte di titolare di patente di guida rilasciata in Italia, la qualificazione iniziale e la formazione periodica sono comprovate mediante l’apposizione sulla medesima patente del codice unionale armonizzato “95”». Di conseguenza, rispetto a prima la novità riguarda il fatto che la qualificazione e la formazione provate dal codice apposto sulla patente si riferiscono soltanto alle abilitazioni alla guida rilasciate in Italia. Non invece a quelle acquisite all’estero.

In ogni caso i conducenti che hanno in Italia la residenza anagrafica ovvero la residenza ai sensi dell’art. 118-bis CDS, così come i cittadini di un paese terzo alla UE o allo SEE dipendenti di un’impresa di autotrasporto avente sede in Italia, devono seguire i corsi di qualificazione iniziale e di formazione periodica in Italia.

I dati relativi alle qualificazioni, poi, vengono immessi all’interno di una rete elettronica europea in cui possono accedere soltanto le autorità competenti dei vari Paesi per scambiarsi informazioni relativi agli autisti professionali.

Redazione
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La redazione di Uomini e Trasporti

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