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I lavori nel traforo del Monte Bianco slittano al settembre 2024. Tranne quelli necessari per la sicurezza

Un anno di slittamento dei lavori di manutenzione, quindi fino a settembre 2024. È quanto ha deciso la commissione intergovernativa Italia-Francia, lasciando spazio soltanto a sei settimane di lavori giudicati essenziali per la sicurezza. Sempre che la situazione sul Frejus non torni molto critica. E qualcuno comincia a parlare di seconda canna...

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Attraverso il trafoto del Monte Bianco transitano ogni anno 10 milioni di tonnellate di merci. In più in questi giorni altre 15 milioni di tonnellate di merci che solitamente transitano dal Frejus si erano spostate verso lo stesso Monte Bianco, dove non a caso le attese, in particolare per i mezzi pesanti, diventano lunghe anche diverse ore. In tali condizioni chiudere il traforo del Bianco il 4 settembre per tre mesi, come era programmato, era impensabile. Ma è ugualmente impensabile riaprirlo in tempi brevi. Non a caso la commissione intergovernativa (Cig) in cui siedono rappresentanti dei ministeri italiani e francesi, ha deciso uno slittamento di un anno intero dei lavori, che quindi a questo punto dovrebbero partire dal settembre 2024. La notizia è stata diffusa ieri dallo stesso ministro degli Esteri, Antonio Tajani, specificando che alla conferenza – in cui ha partecipato anche la ministra degli Esteri francese, Catherine Colonna, è stato deciso di portare «avanti al tempo stesso i lavori necessari alla sicurezza». In termini pratici significa che, entro dicembre, il traforo resterà chiuso per circa sei settimane in modo da realizzare quegli interventi giudicati improcrastinabili in termini di sicurezza. Allo stesso scopo saranno calendarizzate delle chiusure notturne. Ovviamente, laddove la situazione del Frejus dovesse tornare a essere critica – stando ad alcune previsioni di esperti ci sarebbero 10mila metri cubi di roccia a rischio di distacco – a quel punto anche questi lavori potrebbero essere prorogati.

L’ipotesi della seconda canna

Ovviamente soddisfatta l’Italia, che attraverso il ministero delle Infrastrutture avrebbe comunque cercato di rilanciare, nel senso di pianificare non soltanto una soluzione-tampone – quella appunto della proroga – ma di mettere sul piatto l’ipotesi di realizzare una seconda canna, che ovviamente velocizzerebbe il flusso veicolare all’interno del traforo.

Uncem favorevole al raddoppio

Su questa linea si sono espressi anche il presidente Incem Piemonte, Roberto Colombero, e il Consigliere nazionale Uncem valdostano Jean Barocco, che hanno sottolineato che i necessari lavori di manutenzione «dovranno accompagnarsi con urgenza alla progettazione della seconda canna del tunnel sotto il Monte Bianco». Ma più in generale secondo i due rappresentanti dell’Unione Nazionale dei Comuni Montani, «serve una vera programmazione in tutto il nord-ovest, per Alpi-cerniera e non barriera, con le proposte che Uncemha già fatto, di buon senso, per evitare non solo l’isolamento del Piemonte, della Val d’Aosta e della Liguria, bensì di tutto il Paese».

Assotir rilancia su manutenzione, sicurezza e collaborazione tra Stati

Molto soddisfatte pure le associazioni dell’autotrasporto italiano. In particolare è stata Assotir la prima a plaudire all’accordo raggiunto tra Italia e Francia per rinviare la chiusura del tunnel del Monte Bianco, seppure sottolineando come, oltre all’emergenza esplosa nelle ultime settimane, si devono affrontare diverse altre questioni – dalla carenza di manutenzione, alla maggiore collaborazione tra Paesi – che vengono rinviate da anni. «Bisogna ricordare – ha sottolineato il Presidente Nazionale di Assotir, Anna Vita Manigrasso – che le condizioni restano di forte difficoltà, visto che l’altro valico che collega Italia e Francia, il Frejus, al momento è chiuso a causa della frana avvenuta nei giorni scorsi». Mentre il Segretario Generale, Claudio Donati, ha indicato come veri problemi da affrontare «la carenza pluridecennale di manutenzione delle infrastrutture, la messa in sicurezza del territorio per contrastare le conseguenze del cambiamento climatico, e la necessità di dialogo e collaborazione tra Paesi, che dovrebbe essere gestita ben oltre i livelli nazionali. Per quanto riguarda la carenza di manutenzione e il degrado del territorio, non possiamo far altro che prendere atto che stiamo pagando il prezzo degli errori e dei ritardi commessi in passato. Sul terzo punto, accogliamo con una punta di ottimismo un episodio di collaborazione tra Italia e Francia da cui è arrivata una decisione importante per i rispettivi sistemi economici nazionali». In ogni caso, al di là delle ipotesi programmatiche, Donati ha invitato a fare mente locale sul fatto che l’accordo raggiunto risolve solo in parte la situazione e che quindi «gli autotrasportatori che operano su quelle tratte saranno costretti nei prossimi mesi a affrontare enormi disagi e sarebbe un grave errore trascurarli».

Una panoramica sui valichi alpini: un podcast di K44 – La voce del trasporto

Sul tema dei valichi alpini, quindi non soltanto francesi, ma anche svizzeri e austriaci, vi invitiamo all’ascolto del podcast di K44 – La voce del trasporto, pubblicato proprio in questi giorni.

Redazione
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La redazione di Uomini e Trasporti

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