Prolungare la guida giornaliera dell’autista oltre le 13,5 ore se non è stata concessa l’estensione a 10 ore (o anche oltre le 15 se invece è stata concessa), è un’infrazione molto grave. Così come lo è superare di oltre il 25% il periodo di guida massimo durante due settimane consecutive di lavoro. Così come è molto grave guidare con una carta tachigrafica di cui non si è titolare o addirittura falsa, oppure equipaggiare il proprio camion con un dispositivo utile a modificare i dati registrati dal tachigrafo. L’elenco completo di queste infrazioni e il modo con cui sono classificate compone un allegato fondamentale (il III) del decreto legislativo 77/2025, in vigore dallo scorso 29 maggio, che ha modificato un altro decreto (il n. 27 del 23 febbraio 2023) e dà attuazione alla direttiva (UE) 2020/1057. L’autentica novità di questo decreto non è tanto nella schedatura delle infrazioni e nella conseguente creazione di una classificazione del rischio delle imprese, quanto nel fatto che ora ai dati successivi a tale classificazione possono accedere anche gli ispettori del lavoro e quindi su questa base potranno recarsi a effettuare controlli in azienda senza il bisogno di qualcuno che effettui una denuncia o sulla base di un precedente incidente.
Cos’è la classificazione del rischio e a cosa serve
Per cogliere la portata di questa disposizione facciamo un passo indietro e ribadiamo che il sistema di classificazione del rischio per le imprese di autotrasporto identifica le aziende in base – appunto – al loro livello di rischio, sulla base delle infrazioni che commettono, alla manutenzione che osservano, a quanto rispettano la normativa. In pratica ogni infrazione viene classificata come «più grave» (Ipg), «molto grave» (Img) e «grave» (Ig); le aziende che commettono le infrazioni di maggiore gravità, per dirla in modo semplice, saranno evidentemente più soggette a controlli. In pratica – ci si passi il parallelismo, è un po’ lo stesso principio che abbiamo visto nella serie video «Check Point»: viene fermato e controllato chi di fatto ha fatto suonare un campanello di allarme, vale a dire chi, sulla base di un controllo da remoto, ha molto probabilmente commesso un’infrazione. Qui, non soltanto la polizia stradale può muoversi usando la stessa logica, ma anche l’Ispettorato Nazionale del Lavoro (INL), potendo accedere ai dati relativi alle infrazioni commesse dalle aziende, si potrà attivare in autonomia per andare in quell’azienda con pessima classificazione e controllare da vicino come vanno le cose. In questo modo, come peraltro avviene sulla strada tramite il ricorso al DSRC, diventa possibile ottimizzare le attività di controllo, indirizzandola laddove dei dati consiglialo sia opportuno, se non addirittura necessario.
Al tempo stesso, se l’azienda che dispone di pessima classificazione ed è convinta di poter fare meglio così da evitare le visite degli ispettori, può investire nella manutenzione dei veicoli e nella formazione del personale.
La classificazione delle infrazioni
L’allegato III del decreto quello elenca le infrazioni relative ai tempi di guida, di riposo e all’utilizzo del tachigrafo, aggiornato per riflettere le modifiche introdotte dalla direttiva delegata (UE) 2024/846. Le infrazioni, costruite per assicurare maggiore omogeneità con gli standard europei, vengono raggruppate con criteri tematici seguendo questa logica:
- Infrazioni sui tempi di riposo che riguardano però anche i riposi irregolari sia giornalieri che settimanali, il mancato rispetto della compensazione per i riposi ridotti e il riposo effettuato a bordo del veicolo.
- Infrazioni relative al tachigrafo che includono anche l’uso irregolare dell’apparecchio, la manomissione dei dati e il mancato rispetto dell’obbligo di conservazione delle registrazioni.
- Infrazioni sull’organizzazione del lavoro che riguardano l’obbligo del datore di lavoro di consentire agli autisti di rientrare periodicamente dalla trasferta e vietano di collegare la retribuzione alla distanza percorsa o alla rapidità della consegna.
Il decreto correttivo include una clausola di invarianza finanziaria, secondo la quale l’attuazione delle nuove norme non deve comportare oneri aggiuntivi per la finanza pubblica. Di conseguenza anche l’INL dovrà organizzarsi per attivare i nuovi controlli facendo tesoro delle precedenti risorse.