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Si al lavoro intermittente per gli autisti, ma solo in alcuni casi

Cade il divieto di lavoro a chiamata per gli autisti. Si può ricorrere a questa tipologia di contratto per autisti fino a 24 anni di età o che abbiano più di 55 anni. Le aziende di autotrasporto possono trarne vantaggio durante questa fase emergenziale? O, più in generale, può essere uno strumento per formare giovani autisti inesperti?

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Il lavoro intermittente (detto anche a chiamata) può essere utilizzato come tipologia contrattuale anche nel mondo dell’autotrasporto. Condizione necessaria per poter ricorrere a questa tipologia di contratto è che sussistano due requisiti soggettivi: cioè che il personale al quale si ricorre non abbia superato i 24 anni di età oppure che abbia più di 55 anni. In ogni caso, il ricorso al contratto a chiamata non può superare le 400 giornate di effettivo lavoro nell’arco di tre anni solari, altrimenti il rapporto si trasforma in lavoro a tempo pieno e indeterminato.

Tutto ciò è quanto specifica l’INLIspettorato nazionale del Lavoro – con la circolare pubblicata l’8 febbraio 2021 con la quale si è delineato il perimetro di applicazione del contratto intermittente e lo spazio riservato alla contrattazione collettiva. Le linee guida dell’INL prendono atto, e si conformano, a una sentenza della Corte di Cassazione n. 29423 del 13 novembre 2019, che ha affermato in via definitiva la piena legittimità del ricorso a questa forma contrattuale su cui, apparentemente, la contrattazione collettiva aveva posto un veto. Ma andiamo per ordine.

Cos’è un contratto intermittente?

L’art. 13 del d.lgs. n. 81 del 2015 – c. d. «Decreto Dignità» – definisce il lavoro intermittente, anche a tempo determinato, quello con cui un lavoratore si pone a disposizione di un datore di lavoro che ne può utilizzare la prestazione lavorativa in modo discontinuo o intermittente secondo le esigenze individuate dai contratti collettivi, anche con riferimento alla possibilità di svolgere le prestazioni in periodi predeterminati nell’arco della settimana, del mese o dell’anno. Per esempio, è interessata a stipulare un contratto di lavoro intermittente un’azienda che opera in un mercato interessato da un andamento altalenante e i cui flussi sono soggetti a andamenti imprevedibili (un po’ come quello attuale segnato dall’emergenza sanitaria). Tale per cui l’esigenza di forza lavoro «va e viene» in modo non programmabile.

Qual è il ruolo dei contratti collettivi?

I contratti collettivi in genere prevedono delle clausole sociali che vietano il ricorso al lavoro intermittente. Secondo la Cassazione del 2019, però, il perimetro applicativo di tali contratti si deve limitare alla sola individuazione delle esigenze per le quali si ricorre a questa tipologia di contratto, mentre l’INL aggiunge che gli organi di controllo dovranno verificare se il ricorso al lavoro intermittente sia avvenuto in virtù della applicazione delle ipotesi c.d. oggettive individuate nella tabella allegata al R.D. n. 2657 del 1923 ovvero delle ipotesi c.d. soggettive indicate dall’art. 13 comma 2 del d. lgs. n. 81 del 2015. Quindi, ne deriva che eventuali clausole sociali poste dai CCNL non troveranno applicazione.

Compatibilità del lavoro a chiamata per gli autisti: quando e come

Nel settore dell’autotrasporto il lavoro a chiamata non è disciplinato, per cui, in linea di principio si dovrebbe fare riferimento a quanto previsto dal R.D. n. 2657 del 1923 che tra le attività di carattere discontinuo annovera al punto 8 «il personale addetto al trasporto di persone e di merci: personale addetto ai lavori di carico e scarico, esclusi quelli che a giudizio dell’ispettorato dell’industria e del lavoro non abbiano carattere di discontinuità».

In pratica la discontinuità di cui si parla – secondo l’interpretazione del Ministero del Lavoro accolta nella sentenza della Cassazione – fa riferimento al solo personale addetto al carico e scarico, escludendo così la possibilità che il lavoro intermittente possa applicarsi agli autisti nelle ipotesi oggettive previste dall’art. 13 del d. lgs. n. 81/2015.

L’INL ritiene però che la sussistenza dei requisiti soggettivi (l’autista deve: avere meno di 24 anni di età e le prestazioni lavorative devono essere svolte entro il venticinquesimo anno; avere più di 55 anni) sia sufficiente a giustificare il ricorso al lavoro a chiamata.

Redazione
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La redazione di Uomini e Trasporti

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