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Tutti assolti gli imputati della Di Nino Trasporti

Una lunga vicenda giudiziaria, partita dalle accuse di alcuni autisti, che lamentavano di essere stati sfruttati e minacciati, si allargò poi a un lungo elenco di imputazioni, dall’estorsione, alla truffa, fino alla manomissione dei tachigrafi. Oggi però gli 11 imputati vengono tutti assolti con formula piena, a partire dai due fratelli Piero e Stefano Di Nino, amministratori e soci dell’azienda di autotrasporto

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La Corte D’Appello dell’Aquila ha assolto, lo scorso 13 maggio, Piero e Stefano Di Nino, amministratori e soci dell’omonima azienda di autotrasporto, dall’accusa di estorsione (riferita soltanto al primo) e di manomissione dei cronotachigrafi.

Ugualmente assolti sono stati gli altri imputati, tutti collaboratori ed ex collaboratori della Di Nino.

«Per undici anni abbiamo portato avanti una battaglia – si legge in un comunicato della società – per veder accertata l’assoluta innocenza, oggi la Corte ha accolto le nostre ragioni restituendoci serenità». 

La Di Nino ringrazia pure gli avvocati, Roberto Borgogno, Antonella Di Nino, Angelo Pace, Amedeo Ciuffetelli e tutti coloro che «non hanno mai dubitato della nostra correttezza continuando a sostenerci con forza».

Come si ricorderà tutto erano iniziato nel lontano 2014, con la denuncia di alcuni autisti licenziati che lamentavano di essere stati sfruttati e minacciati. Quindici persone furono indagate per estorsione, falso e truffa ai danni dello Stato, favoreggiamento personale, persino voto di scambio. Nel 2015 arrivò il proscioglimento del giudice per l’udienza preliminare, in seguito riformato dalla Cassazione. A quel punto iniziò il processo davanti al tribunale di Sulmona che si concluse nel 2018 con una sentenza che conteneva molto le accuse iniziali, visto che le accuse legate al voto di scambio e alla truffa vennero rimosse, mentre Piero Di Nino venne condannato a tre anni e nove mesi per estorsione e suo fratello Stefano a nove mesi per violazione della sicurezza dei lavoratori e quattro autisti della ditta ottenevano tutti sei mesi sempre per la medesima accusa. Sentenza che venne comunque appellata davanti alla Corte d’Appello dell’Aquila, che adesso assolve tutti con formula piena perché «il fatto non sussiste».

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