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Verso nuove regole UE: obbligo di veicoli a zero emissioni per le flotte aziendali?

Una proposta della Commissione UE potrebbe obbligare le imprese di trasporto a integrare veicoli a zero emissioni nelle flotte. La Francia spinge per fissare l'obbligo al 10%. FAI e IRU lanciano l’allarme: «Si rischia un impatto devastante sulla competitività»

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Nei corridoi di Bruxelles cresce l’attesa per una proposta legislativa della Commissione UE che potrebbe cambiare profondamente il volto del trasporto su gomma in Europa. Il 10 dicembre la Commissione proporrà un testo normativo per imporre alle flotte aziendali delle imprese di trasporto merci e logistica di adottare una quota minima di veicoli a zero emissioni (ZEV), siano essi elettrici o a idrogeno.

L’iniziativa, nota come Greening Corporate Fleets, ha l’obiettivo dichiarato di accelerare la decarbonizzazione del trasporto su strada — settore che solo con i veicoli pesanti contribuisce per una parte significativa alle emissioni di CO₂ dell’Unione Europea. 
Diverse opzioni sono sul tavolo: obblighi per le grandi flotte di acquistare una quota minima di ZEV, target per gli Stati membri affinché garantiscano una certa percentuale di veicoli a zero emissioni nel parco circolante, e anche la possibilità che chi spedisce merci (spedizionieri) debba offrire una quota minima di trasporti effettuati con mezzi elettrici o a idrogeno.

Tra le ipotesi circolate c’è la proposta della Francia che quantifica la percentuale di veicoli a zero emissioni da introdurre nelle flotte aziendali in almeno un 10%. Sebbene la percentuale non sia ufficiale, fonti di settore citano questa soglia come possibile modello di riferimento.

Perché l’UE considera questa strada

Le flotte aziendali sono un vettore privilegiato per la transizione: rappresentano un’alta quota delle nuove immatricolazioni (non soltanto nel mondo del trasporto merci) e un ricambio relativamente veloce, con alto chilometraggio — caratteristiche che le rendono strategiche per ridurre le emissioni. 

Nella sua strategia per l’industria automobilistica, la Commissione europea ha già inserito incentivi e misure per favorire veicoli e tecnologie pulite — sia per auto leggere sia per mezzi pesanti. In particolare, la proposta prevede che per i veicoli pesanti (camion, autobus, furgoni di tonnellaggio maggiore) gli Stati membri possano continuare a concedere esenzioni — per esempio da pedaggi o tasse stradali — almeno fino al 2031, per alleggerire il costo operativo dei veicoli ZEV. 

In questo modo, Bruxelles spera di rendere l’acquisto di mezzi elettrici più competitivo rispetto a quelli tradizionali e di stimolare un rinnovamento diffuso del parco veicoli su scala europea.

Le preoccupazioni del settore: la voce di IRU e FAI

A fronte delle prospettive normative, le associazioni di categoria e molte imprese del trasporto su gomma guardano con prudenza — se non con opposizione — alla possibile introduzione di obblighi. In prima linea l’IRU, l’organizzazione internazionale che rappresenta autotrasportatori e operatori del trasporto merci, che ha lanciato una petizione intitolata «Yes to Greening, No to Mandates». E se tra le associazioni italiana che hanno aderito si segnala la FAI (Federazione Autotrasportatori Italiani), il numero complessivo delle aziende europee che hanno sottoscritto la campagna è di 5.302, di cui 190 risiedono in Italia

Le ragioni del dissenso sono molteplici:

  • Le associazioni sottolineano che le quote obbligatorie per ZEV rischiano di rivelarsi “disruptive” per molte imprese — in particolare le piccole e medie imprese (PMI) e le imprese individuali, che rappresentano oltre il 95% degli operatori del trasporto su gomma in Europa. 
  • Alcune categorie di trasporto — come il trasporto di merci pericolose, trasporti speciali, catene del freddo, edilizia, cantieri — hanno esigenze operative che rendono difficile l’impiego di veicoli elettrici o a idrogeno, per limiti di autonomia, ricarica, refrigerazione o condizioni di sicurezza.
  • Secondo IRU e FAI, un obbligo generalizzato senza un adeguato sviluppo infrastrutturale (reti di ricarica, trasmissione elettrica, incentivi concreti) rischia di generare oneri insostenibili e compromettere la competitività delle imprese europee, specialmente rispetto a mercati con regole più permissive. 
  • Il settore chiede invece un approccio graduale e realistico: incentivi, infrastrutture, sostegno agli investimenti, revisione delle politiche fiscali — non imposizioni incondizionate. 

In una dichiarazione, l’IRU ha spiegato che «mandati d’acquisto non decarbonizzeranno il trasporto su strada. Nessuno comprerà veicoli che non può usare o che lo porterebbero a chiudere l’attività». 
Il presidente di FAI-Conftrasporto, Paolo Uggè, ha anche puntualizzato che «quando le condizioni sono già presenti, il mercato stesso si orienta naturalmente verso soluzioni più ecologiche, rendendo superflue imposizioni forzate». Proprio per questo Uggè ha chiesto «al Governo di promuovere in sede europea un approccio pragmatico, che renda la transizione realmente realizzabile, sostenibile e coerente con gli obiettivi climatici dell’Unione».

Il bilancio per l’Italia e per le imprese: opportunità e rischi

Per le imprese italiane di autotrasporto la proposta rappresenta uno spartiacque. I potenziali benefici sono reali:

  • una svolta verso mezzi più puliti che contribuirebbe agli obiettivi del Green Deal europeo e alla riduzione delle emissioni nazionali;
  • l’opportunità di ammodernare il parco veicoli e, nel medio-lungo termine, di ridurre i costi operativi — specialmente se il costo dell’energia elettrica e delle batterie continuerà a scendere; 
  • la possibilità di ottenere incentivi fiscali, esenzioni da pedaggi o agevolazioni sull’infrastruttura, che potrebbero alleggerire il peso dell’investimento iniziale.

Tuttavia i rischi e le criticità non sono trascurabili:

  • il costo iniziale dei veicoli ZEV resta sensibilmente più alto rispetto a mezzi tradizionali, e per molte aziende, soprattutto PMI, l’investimento potrebbe risultare sproporzionato.
  • l’infrastruttura per la ricarica è ancora insufficiente in molte aree d’Europa; senza un’adeguata rete, l’utilizzo reale dei mezzi ZEV potrebbe risultare limitato o logisticamente complesso. 
  • l’applicazione uniforme di quote minime non tiene conto delle grandi differenze tra imprese, tipologie di trasporto e condizioni operative e quindi applicare una “taglia unica” potrebbe svantaggiare molte realtà.
  • il rischio concreto che alcune imprese — soprattutto le più piccole — siano penalizzate nella competitività, mettendo a rischio continuità e redditività.

La partita decisiva è cominciata, ma serve equilibrio

La proposta della Commissione per la decarbonizzazione delle flotte aziendali rappresenta un passaggio di grande portata per la politica climatica europea: se approvata, cambierà in maniera strutturale il trasporto su strada, incoraggiando — o imponendo — un salto verso tecnologie più pulite.

Allo stesso tempo, l’opposizione del mondo del trasporto — incarnata da IRU, FAI e altre associazioni — evidenzia come un approccio troppo rigido e generalizzato rischi di generare conseguenze pesanti per migliaia di imprese, soprattutto piccole e medie.

Affinché la transizione sia sostenibile, sembra dunque indispensabile che la nuova normativa:

  • contempli fasi graduali di introduzione,
  • sia accompagnata da incentivi reali (fiscali, infrastrutturali, finanziari),
  • tenga conto delle diverse tipologie di trasporto e delle relative esigenze operative,
  • permetta la partecipazione e il dialogo con il settore, evitando imposizioni “a freddo”.

Per le imprese di autotrasporto italiane si prospetta un periodo di trasformazione: chi sarà pronto a cogliere le opportunità potrebbe beneficiare di un parco modernizzato e competitivo; chi non sarà in grado di adattarsi rischia di pagare costi elevati o di restare indietro.

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