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Il valore etico della logistica: quali scenari per il futuro?

La logistica si sta trasformando sulla spinta di una crisi strutturale che coinvolge fattori economici, sociali e tecnologici. Da spina dorsale della globalizzazione sta diventando termometro della crisi internazionale, sia per la riduzione del commercio mondiale determinata dalle tensioni sui dazi sia per effetto della fase di passaggio verso l’intelligenza artificiale. Il massiccio taglio di personale deciso da UPS malgrado i profitti raccolti è un sintomo di questo e di tanto altro…

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La logistica, da sempre motore silenzioso dell’economia globale, sta attraversando una fase di profonda trasformazione, alimentata da una crisi strutturale che coinvolge fattori economici, sociali e tecnologici. Da spina dorsale della globalizzazione sta diventando termometro della crisi internazionale, sia per la riduzione del commercio mondiale determinata dalle tensioni sui dazi, sia per effetto della fase di passaggio verso l’intelligenza artificiale.

Come insegna il caso UPS

Il caso di UPS è emblematico: nonostante profitti consistenti, l’azienda ha annunciato nel 2024 una massiccia riduzione del personale – oltre 12.000 posti di lavoro – giustificata con esigenze di efficienza e razionalizzazione dei costi. Dietro questi tagli si nasconde una visione sempre più distaccata del ruolo del capitale umano all’interno delle catene del valore e l’emersione della stella polare del profitto di brevissimo termine come asse strategico primario per le decisioni aziendali.

Ma non è tutto. Perché UPS annuncia la decisione di licenziare una percentuale pari al 2,4% della sua forza globale il 30 gennaio 2024 con l’obiettivo di risparmiare un miliardo di dollari. Per giustificare un tale decisione fa riferimento a un calo della domanda di consegne e ai risultati finanziari deludenti nel quarto trimestre del 2023. L’annuncio però rappresenta soltanto l’inizio di una storia proseguita con un’onda molto più lunga. Il 29 aprile 2025, infatti, UPS annuncia un ulteriore piano di riduzione del personale, prevedendo il taglio di circa 20.000 posti di lavoro e la chiusura di 73 strutture logistiche entro giugno 2025. Questa mossa viene riferita come parte di una strategia per ridurre la dipendenza da Amazon – suo principale cliente, ma non il più redditizio – e per affrontare le incertezze economiche globali.  La rincorsa al ribasso del valore delle prestazioni logistiche sta conducendo tutti i produttori su un profilo di impossibile sostenibilità economica.

Il ruolo delle risorse umane, un tema logistico e… da papa

Dietro a questi eventi si celano le significative sfide che il settore della logistica sta affrontando, tra cui la gestione dei costi, la delocalizzazione e l’adozione dell’intelligenza artificiale. Nel lungo termine, è probabile che la logistica diventi sempre più automatizzata, ma sarà fondamentale garantire un equilibrio tra efficienza operativa e considerazioni etiche e sociali, soprattutto per quanto riguarda il ruolo delle risorse umane.

È una sfida alla quale si è richiamato anche io nuovo Papa Leone XIV, che, nel dare la spiegazione sulla scelta del suo nome, ha sottolineato che Leone XIII ha dovuto affrontare la rivoluzione industriale, mentre oggi bisogna gestire una transizione digitale verso l’intelligenza artificiale. Anche la logistica dovrà fare i conti con questo cambiamento, che implica sfide etiche e valoriale.

L’approccio delle grandi multinazionali della logistica appare spesso miope: i lavoratori vengono considerati come costi variabili e non come risorse strategiche. In un settore basato su precisione, flessibilità e capacità di adattamento, la perdita di competenze e di esperienza rischia di compromettere l’efficienza stessa del sistema. Il personale non qualificato può essere facilmente sostituito, ma ciò non vale per figure chiave nella gestione dei flussi, nei magazzini automatizzati e nella supervisione delle operazioni multimodali.

Costi energetici, inflazione, saturazione delle reti e le altre sfide della logistica

Oltre al fattore umano, il settore logistico deve fare i conti con una crisi più ampia, dovuta a un contesto macroeconomico complesso. L’aumento dei costi energetici, le pressioni inflazionistiche, la saturazione delle reti infrastrutturali, insieme alle conseguenze della guerra in Ucraina e delle tensioni in Medio Oriente hanno messo a dura prova la resilienza delle supply chain globali. Anche la guerra dei dazi comporta un carico di incognite che genera strategie aziendali dense di incertezza.

I nodi logistici faticano a reggere l’impatto delle nuove richieste del commercio elettronico, mentre la tendenza alla delocalizzazione produttiva, che ha caratterizzato gli ultimi decenni, sembra oggi fare i conti con una parziale inversione di tendenza: il reshoring e il nearshoring si affermano come strategie di mitigazione del rischio, ma richiedono investimenti e ristrutturazioni complesse.

La storia delle innovazioni tecnologiche dimostra che i lavoratori non possono essere rimpiazzati in ogni mansione: le macchine possono essere sostituite, non le persone.

Il ruolo bifronte dell’Intelligenza artificiale

In questo scenario, l’intelligenza artificiale emerge come una leva ambivalente. Da un lato, promette efficienza, previsione della domanda, gestione automatizzata degli stock e ottimizzazione dei percorsi. Dall’altro, contribuisce ad alimentare l’ansia sociale, sostituendo forza lavoro con algoritmi e robotica, ridisegnando radicalmente le professionalità del settore. Un esempio concreto è rappresentato dai magazzini automatizzati di Amazon, dove centinaia di robot Kiva si occupano dello spostamento delle scaffalature e dell’organizzazione della merce, riducendo drasticamente il bisogno di operatori umani nelle fasi di movimentazione interna. Anche UPS, FedEx e altri grandi operatori stanno adottando sistemi simili, integrando robot mobili autonomi (AMR) per velocizzare i processi di smistamento e carico.

La sfida non è soltanto tecnologica, ma etica e politica: come garantire un’evoluzione equa, in cui l’innovazione non significhi esclusione? Se da un lato la robotica riduce gli errori e aumenta la produttività, dall’altro rischia di accentuare le disuguaglianze, lasciando indietro coloro che non possiedono competenze digitali avanzate o non possono essere facilmente riqualificati. La transizione richiede dunque politiche attive del lavoro, formazione continua e un ripensamento complessivo della cultura industriale.

La ricetta del ridimensionamento nel numero delle risorse umane rischia di essere una scorciatoia senza respiro strategico. Può essere una strettoia nella quale si entra senza avere poi la possibilità di uscirne. L’inverno demografico che ormai si prepara e si manifesta nelle società occidentali presto presenterà il conto: presto le aziende faticheranno a trovare le risorse umane necessarie per organizzare i processi produttivi. La storia delle innovazioni tecnologiche dimostra che i lavoratori non possono essere rimpiazzati in ogni mansione: le macchine possono essere sostituite, non le persone.

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