In Italia abbiamo un problema di fondo: facciamo ancora fatica a riconoscere che rispettare le leggi e pagare le tasse sono i pilastri della democrazia, non un optional per anime belle.
Da decenni coltiviamo l’idea che “il furbo” sia quasi un modello da imitare: chi dribbla le regole, chi “se la cava”, chi trova la scorciatoia.
Non è bastata Mani Pulite: ci siamo indignati, abbiamo giurato che sarebbe cambiato tutto… e poi abbiamo normalizzato di nuovo. Oggi torniamo a leggere di comportamenti illegali perfino nella sanità, il settore dove meno di tutti ci si dovrebbe permettere certe pratiche, e invece le cronache ci raccontano ogni giorno il contrario.
Dentro questo quadro culturale si colloca anche la nuova fotografia del sommerso: nel 2022 l’evasione fiscale e contributiva torna sopra la soglia psicologica dei 100 miliardi, con un’economia non osservata che genera oltre 180 miliardi di valore aggiunto, pari a circa il 9% del PIL. Crescono le sottodichiarazioni, il lavoro irregolare resta un pezzo strutturale del nostro mercato del lavoro, aumenta il nero sugli affitti.
In questo contesto si inseriscono anche le inchieste sulla logistica e sull’e-commerce: la procura di Milano ha messo a nudo il sistema dei «serbatoi di manodopera» con maxi-sequestri, accordi fiscali da centinaia di milioni e l’impegno a rivedere i modelli organizzativi del lavoro e delle forniture.
Perché e come la logistica non ha resistito a tentazioni
E qui ci tengo a dirlo chiaramente:
• non è la logistica “cattiva” per definizione,
• è stato però spesso scelto il modo sbagliato di rispondere a un’esigenza giusta.
La logistica ha bisogno per natura di flessibilità, produttività, capacità di adattarsi ai picchi di domanda. È una caratteristica fondamentale del settore.
Solo che, invece di progettare modelli organizzativi, contrattuali e tecnologici sani, abbiamo troppo spesso scelto la scorciatoia: appalti a cascata, cooperative spurie, dumping contrattuale, lavoro grigio o nero, elusione fiscale spacciata per efficienza. In altre parole: logistica low cost costruita sul sommerso, sull’illegalità latente come male necessario per garantire posti di lavoro e servizi all’industria ed alla distribuzione.
Questo non è solo un problema di «legalità astratta»:
• distorce la concorrenza e penalizza chi lavora pulito;
• indebolisce la qualità del lavoro e la sicurezza di chi guida, carica, scarica;
• toglie risorse a sanità, scuola, infrastrutture, welfare.
Come Segretario Generale dell’Osservatorio TCR, proprio ieri ho partecipato a un’iniziativa promossa da Transparency Italia sul tema del contrasto alla corruzione. Un confronto che ha confermato quanto questo tema sia attuale non solo nel pubblico, ma anche nel privato: nelle filiere, negli appalti, nei servizi logistici. Non esiste vera competitività senza integrità, trasparenza e accountability.
Cosa dovrebbe fare per ripulirsi all’interno
Se vogliamo davvero ridurre quei 100 miliardi di evasione, la logistica può e deve essere parte della soluzione, non del problema:
• costruendo filiere trasparenti, senza serbatoi di manodopera;
• legando i contratti non solo al prezzo ma a indicatori di compliance fiscale, contributiva e sociale;
• usando dati e tecnologia per migliorare organizzazione e produttività, non per sfruttare le persone e aggirare regole.
Una sfida possibile soltanto per le giovani generazioni
La dura verità, però, è che questa trasformazione difficilmente verrà dalla nostra generazione: dai boomer alla generazione X abbiamo dato prova sufficiente di quanto siamo bravi a indignarci a parole e a tornare alla normalità il giorno dopo.
La speranza vera è nelle prossime generazioni, in chi oggi guarda questo sistema con occhi meno rassegnati e avrà il coraggio di dire che no, il furbo non è un eroe nazionale, è solo un costo sociale che tutti paghiamo.
Sta a noi decidere che eredità lasciare.
Almeno smettiamola di raccontare ai giovani che «tanto è sempre stato così»
Massimo Marciani – segretario generale Osservatorio Transport Compliance Rating


