Multe uguali per tutti? Qualcuno la considera un’ingiustizia. Ed ecco che sta montando, sotto l’egida del sottosegretario Erasmo D’Angelis, un forte movimento favorevole a modulare la sanzioni per violazioni del codice della strada in base alle tasche dell’autista. E non solo. Perché lo stesso sottosegretario ha anche parlato dell’opportunità di «introdurre pure nella riforma del Codice della Strada il parametro della cilindrata dell’auto: più è potente, più si paga».
In realtà la prima a lanciare la proposta, in seguito sponsorizzata anche dal movimento Cinque Stelle, è stata Milena Gabanelli in una puntata di Report. Anche se, a dirla tutta, non era che la richiesta di importare in Italia un principio che in altri paesi europei (Danimarca, Svizzera, Norvegia, Finlandia) trova già applicazione.
In che modo? Il meccanismo è in teoria semplice. Poi in ogni paese lo applicano con formule matematiche diverse. In Finlandia, per esempio, decurtano dallo stipendio mensile una quota di sopravvivenza minima (impignorabile, diciamo così) calcolata in 255 euro e quindi si divide il tutto per 60. In questo modo viene fuori un’ammenda giornaliera da pagare per ogni violazione del codice. Così una persona che guadagna qualche milione può arrivare a pagare decine di migliaia di euro. Chi sopravvive con pochi spiccioli finirà per pagare la quota minima fissata in Filanda in 6 euro.
Questo come base. Poi in alcuni casi possono scattare le aggravanti. In Danimarca, per esempio, è considerata tale la guida in stato di ebbrezza e quindi una volta calcolata l’ammenda giornaliera la si moltiplica per il tasso alcolemico riscontrato nel sangue del trasgressore.
Anche tenendo conto di queste esperienze il M5S ha presentato un disegno di legge finalizzato proprio a introdurre l’entità del reddito e la dimensione della cilindrata come fattori per quantificare l’entità di una multa. Il firmatario del disegno, l’on. Michele Dell’Orco spiega che ormai si è giunti al paradosso un po’ contraddittorio per cui «per alcune persone una multa rappresenta un salasso, per altre costituisce poco più di un fastidio. Il risultato è che il meccanismo sanzionatorio, così come previsto attualmente dal codice della strada, non è dissuasivo allo stesso modo per tutti, perché la sanzione comminata per una stessa infrazione, in proporzione, rappresenterà una pena maggiore per un soggetto con un reddito basso rispetto a uno dal reddito più elevato».
Tutti d’accordo, quindi? Non proprio. A raffreddare gli animi è l’Asaps (associazione amici della polizia stradale), il cui presidente Giordano Biserni fa notare che un tale «sistema funziona bene nei paesi del Nord. Ma noi non siamo la Finlandia. C’è il rischio che un lavoratore dipendente con 25.000 euro di reddito lordo l’anno paghi di più di molti commercianti e liberi professionisti che hanno redditi medi dichiarati di 13-15.000 euro l’anno». Insomma, prima di poter attuare in maniera equa un rapporto tra sanzioni e reddito bisogna prima fare in modo che «le dichiarazioni dei redditi siano veritiere».
Ma anche rispetto al metro della cilindrata Biserni ha qualcosa da ridire. «Si può fare – osserva – ma poi ci sarà un notevole riassorbimento di personale di polizia in ufficio per l’individuazione esatta della sanzione da notificare e su strada per la contestazione immediata servirà un data base per stabilire la potenza del mezzo e la relativa sanzione da abbinare». Detto altrimenti, l’errore sarà sempre dietro l’angolo, «i ricorsi si sprecheranno e alla fine pagheranno solo quelli con le utilitarie di 15 anni di anzianità».