Commettere un omicidio stradale e vedersi revocata la patente non è propriamente un automatismo necessario. Nel senso che, nei casi meno gravi, ci si può anche limitare alla sospensione. È questa in pratica la conclusione a cui giunge la Corte Costituzionale nella sentenza n. 88 del 19 febbraio 2019, le cui motivazioni sono state pubblicate nei giorni scorsi, laddove ha giudicato parzialmente illegittimo l’art. 222 del c.d.s (quello derivante dall’introduzione del reato di omicidio stradale) laddove prevede appunto una revoca automatica della patente. Nel caso in questione, infatti, era accaduto qualcosa di paradossale. Un uomo era stato accusato di omicidio stradale (nonché di lesioni gravi) perché mentre guidava una vettura in stato di ebbrezza, andava a tamponare un camion e così provocava la morte sia del passeggero dell’autocarro, sia il ferimento dell’autista. Senonchè, dopo i dovuti accertamenti venivano fuori dei particolari che facevano emergere responsabilità concorrenti con la sua: innanzi tutto, il conducente dell’autocarro tamponato era a sua volta sotto l’effetto di sostanze stupefacenti (cocaina) e quindi in qualche modo anche la sua condotta di guida potrebbe avere condizionato l’evento; inoltre, la persona deceduta non indossava la cintura di sicurezza; il tratto di strada su cui era avvenuto il sinistro presentava illuminazione non funzionante. Insomma tutte situazioni che in qualche modo potevano mitigare la responsabilità dell’accusato.
La Corte Costituzionale ha ribadito che porsi alla guida in stato di ebbrezza alcolica o sotto l’effetto di stupefacenti costituisce un comportamento altamente pericoloso e che quindi giustifica la revoca della patente nell’ipotesi di omicidio stradale o di lesioni personali gravi o gravissime. Al di sotto di queste situazioni però ci possono essere comportamenti che, seppure colpevoli, lo sono in misura inferiore anche se ugualmente punibili. Quindi secondo la Corte, in tali casi, l’automatismo della sanzione amministrativa è non più giustificabile, ma deve essere il giudice a valutare nel caso concreto, valutando anche misure proporzionalmente inferiori. Tant’è che in caso di condanna per il reato di omicidio stradale ex art. 589-bis cod. pen. è prevista, dal quarto periodo del comma 2 dell’art. 222 cod. strada, la sanzione amministrativa della revoca della patente. Invece, lo stesso articolo prevede, in caso di omicidio colposo con violazione delle norme del codice della strada, la sospensione della patente fino a quattro anni. E previsioni analoghe sono previste pure in caso di lesioni gravi (revoca per due anni) o di lesioni colpose (sospensione per due anni).
Proprio per questo, secondo la Corte «la revoca della patente di guida non può essere “automatica” indistintamente» in tutte le ipotesi previste sia dall’art. 589-bis (omicidio stradale) sia dall’art. 590-bis cod. pen. (lesioni personali stradali), «ma si giustifica solo nelle ben circoscritte ipotesi più gravi sanzionate con la pena rispettivamente più elevata come fattispecie aggravate dal secondo e dal terzo comma di entrambe tali disposizioni (guida in stato di ebbrezza o sotto l’effetto di stupefacenti)». Negli altri casi, ritenute meno gravi dallo stesso legislatore, «il giudice deve poter valutare le circostanze del caso ed eventualmente applicare come sanzione amministrativa accessoria, in luogo della revoca della patente, la sospensione».
Pertanto, il comma che non prevede tale possibilità è costituzionalmente illegittimo.