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Ponte sullo Stretto, per Conftrasporto l’opera è prioritaria

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Arrivano le elezioni politiche e, come per magia, rispunta il progetto del Ponte sullo Stretto di Messina. Un’opera faraonica che è già costata ai contribuenti (chi dice per 300 milioni di euro, chi per addirittura 1 miliardo), anche se siamo fermi alla fase di progettazione di massima e la società che doveva gestirla è chiusa da anni (dal 15 aprile 2013, per la precisione).

Eppure la prospettiva di “legare” la Sicilia al Continente deve esercitare un certo fascino sulle masse elettorali – almeno a giudizio dei politici – se anche in questi giorni è rispuntata nelle dichiarazioni di esponenti di varie parti politiche. Un progetto che “s’ha da fare”, insomma, per citare i Promessi Sposi, anche se non è ben chiaro come ed entro quali tempi dovrebbe essere fatto.

Ha cominciato a riparlarne per primo il ministro dei Trasporti, Graziano Del Rio, dopo che a fine 2017 anche Matteo Renzi aveva sdoganato il progetto (prendendosi del ‘menomato morale’ da Beppe Grillo, che considera invece il ponte «un’opera costosissima, inutile e in piena zona sismica»). Secondo Del Rio servirebbero circa 4 miliardi per realizzarlo. A seguire anche gli amministratori delegati di RFI, Maurizio Gentile, e di Anas, Gianni Vittorio Armani, si sono detti favorevoli, anche se hanno paventato possibili soluzioni alternative. 

È stato poi il turno di Silvio Berlusconi che, nel corso di un intervento a Telelombardia, ha parlato di «priorità assoluta per risollevare le sorti della Regione e del Sud Italia. Il ponte sullo Stretto è la prima cosa da fare, fosse per noi l’avremmo già fatto». E dalla parte dei costruttori si è da tempo schierato Nello Musumeci, il governatore siciliano.

Sul fronte contrario ovviamente ci sono i movimenti ambientalisti, da Legambiente al WWF (Bonelli dei Verdi ha dichiarato che “non staremo in una maggioranza che pensi che il Ponte sullo Stretto sia una priorità”), e il M5S. Il leader dei Pentastellati in Sicilia, il vicepresidente dell’Ars Giancarlo Cancelleri, cita il viadotto Himera crollato sull’autostrada Palermo-Catania, dicendo che «è oggi a una sola corsia e intorno non c’è una sola ruspa. La priorità è costruire di nuovo questo ponte, non l’altro». Ma anche una parte del PD siciliano si mostra contrario, come Antonio Rubino, e così altri esponenti di sinistra dell’isola, come il senatore di Mdp, Francesco Campanella, e il deputato di Liberi e Uguali, Erasmo Palazzotto. Per arrivare infine alla posizione di radicale chiusura del sindaco di Messina, Renato Accorinti, che parla di «follia sotto ogni punto di vista. Un’opera inutile, devastante e costosissima: tre chilometri di cemento in un deserto trasportistico».

Ultima opinione in ordine di tempo – ma con un certo peso specifico per il mondo dei trasporti – quella di Paolo Uggè, presidente di Conftrasporto e vicepresidente di Confcommercio. Uggè si schiera dalla parte dei sostenitori dell’opera, come peraltro ha sempre fatto. Secondo il presidente il Ponte «offre opportunità a un popolo di 5 milioni di persone».

«Il progetto – ha continuato Uggé – aveva il disegno di dotare l’Europa di corridoi e collegamenti plurimodali per rendere l’economia europea più competitiva. L’opera venne pertanto inserita come prioritaria nei dieci corridoi europei dei quali ben quattro riguardavano l’Italia, Ponte compreso. Solo i demagoghi e coloro che puntano alla decrescita felice o che stoltamente non credono all’integrazione delle diverse modalità, possono esprimersi come coloro che sono intervenuti sul rilancio della realizzazione del Ponte sullo Stretto. Le risorse ‘sprecate’ sono il frutto delle penalità riconosciute per il mancato rispetto dei tempi rispetto agli impegni assunti con chi aveva vinto le gare di appalto. Il pressapochismo e la polemica politica non dovrebbero appartenere ai temi di politica dei trasporti che non né di destra né di sinistra, ma un’esigenza dell’economia di un Paese».

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