Tra le ragioni del fermo proclamato da tutte le associazioni dell’autotrasporto a partire dal 9 dicembre, c’è anche la scarsa efficacia dei controlli finalizzati a contrastare i viaggi abusivi di cabotaggio. Si tratta di un aspetto particolarmente sentito in quanto vissuto come una forma di concorrenza sleale da parte di quelle imprese comunitarie che, in modo irregolare, effettuano trasporti interni alla penisola, sfruttando essenzialmente il fatto di godere di costi aziendali drasticamente ridotti. Anzi, il fenomeno è così diffuso (in particolare nelle regioni di confine, Veneto in primis), che spesso per far fronte a tale concorrenza, anche vettori italiani si adeguano al sistema e trasferiscono l’azienda all’estero, anche se di fatto continuano a lavorare in Italia.
Per risolvere il problema, la Fiap, associazione aderente sia a Conftrasporto che a Unatras, nell’ultimo incontro con il sottosegretario Rocco Girlanda ha avanzato una proposta precisa: fissare due momenti distinti di sanzione per punire in modo pesante sia il vettore che viola la normativa sul cabotaggio sia il committente che gli ha affidato il carico. Per la precisione in Fiap sono convinti che la soluzione sia quella di confiscare al primo il veicolo (in quanto corpo del reato), al secondo la merce.
La cosa è fattibile? Secondo l’associazione di Massimo Bagnoli (presidente) e Silvio Faggi (segretario nazionale) esistono tutti i presupposti normativi per operare in tal senso. Ciò che è certo è che se il governo arrivasse a prevedere un sistema sanzionatorio così rigoroso, anche nel dibattito con le associazioni finalizzato a scongiurare il fermo si creerebbe un clima più disteso…